Una foto che parla. Quelle grida senza ascolto pensiamoli nostri figli

In una foto diffusa da Sos Mediterranée il cadavere di un uomo galleggia in mare, avvinto a un salvagente. Indossa una giacca a vento, il cappuccio nero gli nasconde il volto. Non è annegato: forse ha retto a lungo, nell’attesa di un salvataggio che non è arrivato. L’uomo è morto di ipotermia, cioè di freddo, giovedì scorso, insieme ad altri 130 migranti.

leggi l’articolo di Marina Corradi su Avvenire di sabato 24 aprile 2021

 

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L’emergenza. L’appello delle donne: subito corridoi umanitari per i bambini di Samos

La richiesta alla ministra Lamorgese di 200 tra deputate nazionali ed europee (soprattutto Pd), esponenti dell’associazionismo e dei sindacati

Un corridoio umanitario per sottrarre i bambini soli e le mamme dall’inferno del campo profughi di Samos, nel mar Egeo, dove a fronte di 700 posti disponibili vivono 2.500 persone, di cui 500 sono bambini “afflitti da carenza di acqua, cibo, riscaldamento nonché da una preoccupante diffusione di tendenze suicide”; è la richiesta contenuta in una lettera-appello inviata alla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e firmata da oltre 200 donne.

Leggi l’articolo su Avvenire del 3 marzo 2020

 

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Migranti. I confini davvero a rischio sono quelli dei valori

La prima impressione è quella di un Paese a un passo dalla guerra, sottoposto a minacce esterne gravissime. Il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro Salvini ha sfornato l’idea di schierare la Marina militare e la Guardia di Finanza per «blindare i porti» italiani, ma in realtà per contrastare gli sbarchi spontanei dalle coste africane, di rafforzare la sorveglianza dei mari ricorrendo a radar e aerei militari, di rilanciare per l’ennesima volta gli accordi con la Tunisia per il controllo delle partenze e per i rimpatri

leggi l’articolo di Maurizio Ambrosini su Avvenire

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“Emergenza creata ad arte, io l’avrei risolta in 5 minuti”, dice Minniti del caso Sea Watch

L’ex ministro dell’interno (Pd) in una intervista al Fatto: “La faccia feroce può servire per conquistare consensi, non risolve i problemi concreti. E rischia di farti perdere l’anima. Una democrazia non può essere tenuta permanentemente sull’orlo di una crisi di nervi”

leggi l’articolo su AGI Cronaca

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Migranti, la lezione all’Europa del Capitano della Sea Watch 3

(Editoriale del quotidiano Le Monde del 27/06/2019)

Ci sono volute due settimane perché i naufraghi soccorsi il 12 giugno dalla Sea Watch 3 nelle acque internazionali potessero alla fine arrivare, mercoledì 26 giugno, al largo dell’isola di Lampedusa. Due settimane e la volontà di una donna, la tedesca Carola Rackete, capitano della nave, che ha deciso di forzare il destino e i divieti del governo italiano per mettere al sicuro le 42 persone che aveva sul suo battello.

Facendo questa scelta, dopo aver fatto richiesta alla Corte europea dei diritti dell’uomo, il capitano della Sea Watch 3 mette l’Europa intera di fronte ai suoi anni di tergiversazioni. Rifiutandosi di conformarsi ad un ordine con le apparenze della legalità – ovvero riportare i naufraghi sulle coste libiche – Rackete ha ricordato a tutti l’esistenza delle convenzioni internazionali e di un certo numero di verità.

Sì, il salvataggio in mare è un imperativo che deve essere imposto a tutti, e non un’attività sospetta, che trasforma dei volontari delle ONG in complici – consapevoli o meno – dei trafficanti di esseri umani. Nessuna nelle ONG attaccata dal 2017 è stata oggetto della minima condanna giudiziaria. Non solo, la giustizia italiana non ha imbastito neanche un processo. Tuttavia, la calunnia si è fatta spazio in larghe frange dell’opinione pubblica in tutta Europa.

Calcoli politici
No, la Libia non è un “porto sicuro”, nel senso in cui lo intendono i testi del diritto internazionale del mare. E i migranti che cercano di fuggire da questo inferno non possono esservi portati contro la loro volontà per ragioni di convenienza politica. Tuttavia, questa evidenza riconosciuta dalla comunità internazionale non ha impedito all’Unione europea di stringere con Tripoli, a partire dal 2017, degli accordi di rimpatrio che contravvengono ai valori che l’Europa pretende di difendere ovunque nel mondo.

Rivendicando i risultati di una politica messa in opera dai suoi predecessori [il riferimento è all’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti, ndr], Matteo Salvini è diventato l’uomo politico più popolare in Italia e il vero capo del governo Conte. Salvini continua ad accusare l’Europa di inerzia, e il silenzio delle autorità europee e dei partner dell’Italia, da mesi, lo aiuta a consolidare questa idea. Questo discorso è tanto più efficace in quanto nessuno in Europa ha il coraggio di cogliere il tema dell’immigrazione per formulare un’alternativa credibile e per mettere il ministro degli Interni italiano di fronte all’incoerenza delle sue posizioni.

L’Italia, secondo Salvini, auspica un meccanismo di rilocalizzazione automatica dei richiedenti asilo. Ma allora perché si allea coi Paesi del gruppo di Visegrad, visceralmente ostili a questa soluzione, Paesi che denunciano le potenze dell’Europa occidentale favorevoli a queste misure? Nello stesso tempo, secondo lui, la voce dell’Italia non è mai ascoltata. Allora perché il Signor Salvini non ha ritenuto utile essere presente a sei delle sette riunioni dei ministri dell’Interno [dell’Unione Europea, ndr] che si sono tenute dalla sua nomina nel giugno 2018?

Di fronte a questi calcoli politici, il gesto di Rackete mette in luce un’altra evidenza, la cui portata va molto al di là dell’Italia: un insieme di più di 500 milioni di cittadini, che vivono in una zona di prosperità senza equivalenti nel mondo, non può sentirsi minacciata dall’arrivo di una quarantina di rifugiati a bordo di un gommone fuggiti da un Paese in guerra

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«Eleanor. Non fummo mai innocenti: dalla Bosnia alla Siria», con intervento di Luigi Bobba

Poesia civile: al via il 14° festival. La rassegna, negli anni, ha portato in città importanti personalità del mondo della cultura

Domenica 28 ottobre (ore 11,30, libreria Mondadori) si rifletterà con l’aiuto della poesia sul tema della guerra e dei migranti grazie a Rossella Frollà, autrice di «Eleanor. Non fummo mai innocenti: dalla Bosnia alla Siria», con intervento di Luigi Bobba.

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Luigi Bobba«Eleanor. Non fummo mai innocenti: dalla Bosnia alla Siria», con intervento di Luigi Bobba
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