Le potenzialità della formazione professionale come strumento per conciliare le nuove necessità della realtà produttiva

In questo episodio Luigi Bobba – presidente della fondazione Terzjus, ex sottosegretario al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presidente nazionale delle ACLI – ci accompagna alla scoperta del mercato del lavoro attuale e delle potenzialità della formazione professionale come strumento per conciliare le nuove necessità della realtà produttiva.
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Luigi BobbaLe potenzialità della formazione professionale come strumento per conciliare le nuove necessità della realtà produttiva
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Luigi Bobba: “La via italiana al sistema duale”

Il 12 maggio, presso la Sala Lisbona del Salone Internazionale del Libro 2022“Cuori selvaggi”, si è tenuta la tavola rotonda sul volume a cura di Ludovico Albert e Daniele Marini La valutazione dell’esperienza duale nell’istruzione e formazione professionale (Il Mulino, 2022). Sono intervenuti Ludovico Albert, Luigi Bobba, Elena Chiorino, Nicola Crepax, Francesco Profumo, Raffaele Tangorra.

Nell’ambito delle politiche per il lavoro, il PNRR riconosce al sistema duale(basato sull’alternarsi di momenti formativi in aula e di formazione pratica in contesti lavorativi) un ruolo chiave per la formazione dei giovani e per il loro inserimento nel mondo del lavoro. La Fondazione per la Scuola, in collaborazione con Forma (Associazione Nazionale degli Enti di Formazione Professionale), ha condotto un’indagine per approfondire gli effetti dell’applicazione e dell’entrata a regime del sistema duale avviato nel 2016 e per individuare proposte e indicazioni che ne rafforzino il radicamento e la diffusione nella prospettiva di sviluppo indicata. Nel presentarne i risultati, questo libro apre alcune riflessioni cruciali sulla necessità di personalizzare i percorsi di formazione oltre le competenze certificate da diplomi e qualifiche professionali. Sistema duale e apprendistato assumeranno in un futuro prossimo un ruolo innovativo per l’accompagnamento delle nuove generazioni verso il lavoro, in un percorso progettato congiuntamente da chi ha le responsabilità della formazione e chi quelle dell’assunzione.

Ludovico Albert già direttore del Settore Istruzione Formazione e Lavorodella Regione Piemonte e della Regione Sicilia, è presidente della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo. Per molti anni ha insegnato nella scuola, impegnandosi in sperimentazioni legate a contesti difficili. Daniele Mariniè professore di Sociologia dei processi economici all’Università di Padova e Direttore Scientifico della divisione Research&Analysis di Community. Con il Mulino ha pubblicato «Fuori classe. Dal movimento operaio ai lavoratori imprenditivi della Quarta rivoluzione industriale» (2018).

Qui di seguito l’incipit all’intero saggio di Luigi Bobba, “La via italiana al sistema duale”, contenuto nel volume.

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La via italiana al sistema duale
di Luigi Bobba

1. Alle origini

Quando a fine febbraio 2014 sono stato nominato sottosegretario al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ho proposto al ministro Giuliano Poletti di assegnarmi, tra le altre, anche le deleghe per la formazione professionale e le politiche attive del lavoro. Una scelta non casuale, in quanto nella mia storia sociale e professionale ho coltivato quei temi in modo assiduo, prima avviando (1987) il Movimento Primo Lavoro, un’esperienza di orientamento e sostegno per l’inserimento al lavoro dei giovani; poi, verso la fine degli anni Novanta con diverse pubblicazioni, con la presidenza dell’Enaip(Ente nazionale Acli istruzione professionale); infine, tra il 2008 e il 2013, con la vicepresidenza della Commissione Lavoro della Camera dei deputati. Con l’affidamento da parte dell’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi di un incarico di governo avevo dunque l’occasione per provare a realizzare quanto avevo studiato e verificato sul campo. (segue).

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Salone del Libro: “La valutazione dell’esperienza duale nell’istruzione e formazione professionale”

20 maggio, Ore 12:45-13:45

La valutazione dell’esperienza duale nell’istruzione e formazione professionale

Presentazione del libro curato da Ludovico Albert e Daniele Marini (Il Mulino)

Sala Lisbona, CENTRO CONGRESSI

In collaborazione con
Fondazione per la Scuola

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Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Istituto Salesiano “G. Bearzi” di Udine

Le parole del Presidente Mattarella – di valorizzazione ed incoraggiamento per la IeFP e per tutta la formazione professionale – pronunciate durante la visita al centro di formazione Bearzi ad Udine, sono una lezione magistrale sul tema del lavoro, sull’importanza della sicurezza, sullo sviluppo umano dell’economia e delle comunità, e sul valore della pace.

Udine, 29/04/2022 (II mandato)

In questo tempo difficile è di conforto trovarsi sotto l’immagine rassicurante di Don Bosco.

Desidero rivolgere un saluto molto cordiale al Presidente della Regione, al Sindaco e, attraverso di loro, a tutte le cittadine e a tutti i cittadini del Friuli e di Udine.

Un saluto a tutti i presenti. Vorrei rivolgermi particolarmente, con intensità speciale, ai familiari di Lorenzo Parelli che ringrazio per la loro presenza e per l’incontro che poc’anzi abbiamo avuto.

Ringrazio Don Teston e il Professor Armano per le parole che hanno pronunziato, per le considerazioni svolte, e anche per l’opportunità di poter visitare poc’anzi i locali del Bearzi, incontrando i bambini e i ragazzi delle elementari e delle medie e, nei laboratori, i ragazzi più grandi, con la dimostrazione di alcune cose di grande interesse che stavano svolgendo.

Matteo Lorenzon, poc’anzi, ha dato voce – a nome di tanti – a un’amicizia che mai verrà meno. Il segno di Lorenzo è destinato a rimanere nella vita di chi lo ha conosciuto, di chi lo ha amato, di chi ha apprezzato la sua passione.

Io sono qui anzitutto per esprimere la mia vicinanza e la mia partecipazione all’immenso e insanabile dolore dei genitori, della sorella, degli amici e dei compagni di Lorenzo.

È una ferita profonda che interroga l’intera comunità, a cominciare dalla quella scolastica di cui era parte, dai ragazzi e dagli insegnanti del suo corso di formazione professionale.

La natura del suo percorso formativo lo aveva portato in azienda. Ma è accaduto quel che non può accadere, quel che non deve accadere.

La morte di un ragazzo, di un giovane uomo, con il dolore lancinante e incancellabile che l’accompagna, ci interroga affinché non si debbano più piangere morti assurde sul lavoro.

La sicurezza nei luoghi di lavoro è un diritto, una necessità; assicurarla è un dovere inderogabile. Questa esigenza fondamentale sarà al centro della cerimonia di dopodomani, Primo Maggio, al Quirinale.

Ma quest’anno anticipiamo qui la celebrazione della Giornata del Lavoro, in omaggio a Lorenzo e a tutti coloro che hanno perso la vita sui luoghi di lavoro, affinché si manifesti con piena chiarezza che non si tratta di una ricorrenza rituale, astratta, ma di un’occasione di richiamo e di riflessione concreta sulle condizioni del diritto costituzionale al lavoro.

Il valore del lavoro, per voi giovani, e per chiunque, non può essere associato al rischio, alla dimensione della morte.

La sicurezza sul lavoro si trova alle fondamenta della sicurezza sociale, cioè del valore fondante di una società contemporanea.

Quando si parla di diritto al lavoro, di diritti del lavoro, di diritti sui posti di lavoro, sovente non sono i giovani al centro delle preoccupazioni.

E, quando è così, è un atteggiamento sbagliato.

Il ritardo – un ritardo che ci mette in coda alle statistiche europee – con il quale gran parte delle nuove generazioni riesce a trovare una occupazione non è condizione normale.

Sono quindi apprezzabili i percorsi che accompagnano i giovani ad entrare nel mondo del lavoro.

Un mondo che deve rispettarli nella loro dignità di persone, di lavoratori, di cittadini.

Che dia ai giovani quel che loro spetta, che consenta loro di esprimere le proprie capacità, affinché possano costruire il domani.

È una necessità per il futuro stesso dell’intera società.

La cronica mancanza di lavoro per le nuove generazioni – particolarmente in alcune aree – è una questione che va affrontata con impegno e con determinazione.

Accorciare la distanza tra giovani e lavoro è condizione indispensabile di sviluppo e di sostenibilità per l’intero Paese, tanto più in presenza di una crisi demografica che ha ridotto in notevole misura la presenza dei giovani nelle comunità.

Occorre liberare le giovani generazioni da quegli impedimenti, da quella compressione di energie, che molteplici fattori strutturali hanno via via opposto al loro naturale cammino.

La crescita complessiva del livello di istruzione e, in essa, della formazione tecnica e professionale qualificata, è fondamentale. Cambia la vita delle persone.

Esperienze come questa in cui ci troviamo, il Bearzi, – come è stato poc’anzi sottolineato opportunamente – sono uno strumento di forte contrasto alla dispersione scolastica e, sovente, sollecitano il raggiungimento di un titolo di studio secondario superiore.

Le risorse del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono un’occasione da cogliere anche per modificare questi squilibri generazionali che hanno il loro fulcro nel lavoro ma che riguardano anche la casa e il welfare, insomma le condizioni per progettare in autonomia il proprio futuro e dar vita a una famiglia.

Il tempo della pandemia ha colpito fortemente i giovani in età scolare, lasciando in queste fasce d’età l’eredità forse più pesante.

Non tornerà certo il mondo di prima della pandemia. O faremo un deciso passo in avanti, e siamo in grado di farlo, o rischiamo di tornare indietro.

I giovani chiedono scelte lungimiranti, cui è necessario corrispondere.

Anche a loro, naturalmente, viene chiesto impegno. Il futuro si realizza meglio se i giovani ne diventano sin d’ora protagonisti. Come è accaduto in tanti passaggi importanti della nostra storia.

Viviamo una stagione intensa, per molti versi drammatica, ma il modo più efficace per affrontarla è non rinunciare a progettare il futuro, a progettare il domani, a guardare lontano.

Nel momento in cui la ripresa sembrava avviata, anche con ritmi maggiori rispetto a molte delle previsioni, più confortanti, più promettenti, è intervenuta una guerra insensata, provocata dall’aggressione militare russa contro il popolo ucraino, che va sostenuto nella sua resistenza.

Il traguardo di umanità a cui è necessario tendere resta la pace.

Ben lo sanno i giovani, ai quali la Repubblica, in questi 76 anni, ha saputo assicurare la pace.

La pace, che è inscindibilmente connessa alla libertà, al diritto, alla giustizia, allo sviluppo nel benessere dei nostri Paesi e delle nostre città.

Il Primo maggio sollecita a porre il lavoro al centro del nostro agire e del nostro pensare.

Il lavoro, come dice la Costituzione, è la base su cui è vive la Repubblica.

È stato il lavoro degli italiani a consentire nei decenni crescita sociale, economica, civile.

Il lavoro ci ha reso, soprattutto, ciò che siamo.

Ha ampliato i diritti, ha dato concretezza alla grande speranza di pace e sviluppo che animava i giorni della Liberazione.

Con il lavoro si contribuisce al benessere collettivo, si partecipa con pienezza alla vita di comunità.

Il lavoro è motivo di dignità per ogni donna e ogni uomo.

Ne abbiamo tanti esempi, anche in questa terra, intorno a noi.

L’emergenza sanitaria, la guerra, l’aumento dei prezzi dell’energia e di molte materie prime, l’inflazione incidono sulla nostra vita quotidiana e spingono a riflettere sulle responsabilità che gravano sugli Stati per poter garantire la sicurezza della salute e la pace.

Al nostro interno siamo chiamati a operare per ridurre quegli squilibri di struttura di cui da tempo soffriamo.

La transizione ecologica e digitale resta la direttrice delle politiche pubbliche, anche di fronte alle nuove difficoltà.

In gioco non c’è soltanto l’entità dello sviluppo. In gioco c’è la capacità di essere all’altezza delle sfide globali e di esercitare un ruolo di avanguardia. In gioco c’è la riprogettazione dei modelli produttivi sui quali si è assestato il modello di sviluppo europeo e italiano.

La formazione può aiutare a colmare divari importanti.

Non abbiamo tempo da perdere. Qualificare le professionalità, sostenere nuovi profili, aggiornare le competenze lungo tutto l’arco della vita lavorativa: così una comunità può progredire.

La ripresa economica seguita alla fase più acuta della pandemia ci ha permesso una risalita incoraggiante dell’occupazione, unita a una crescita del Pil, delle produzioni industriali, dei consumi. Dobbiamo cercare, malgrado le nuove difficoltà, di garantire questo percorso, che è segno di una società attiva, dinamica, con grandi potenzialità, con grandi risorse umane.

È appena il caso di ricordare che la crescita duratura richiede e impone che il lavoro cresca. In quantità e in qualità.

Diversamente, che senso avrebbe lo sviluppo se al benessere prodotto non avessero a partecipare i nostri concittadini?

Crescere in qualità significa anche affrontare il tema della precarietà. Un problema acuto e una spina nel fianco della coesione sociale.

Continuiamo a registrare lavoro irregolare, che talvolta varca il limite dello sfruttamento, persino della servitù.

Non mancano lavoratori poveri e pensionati poveri, ai quali il reddito percepito non è sufficiente, anche in ragione del carico familiare o dell’assistenza a persone con gravi difficoltà.

La resilienza e la volontà di ripresa, il desiderio dei giovani di “vivere”, sono stati essenziali in questi due anni, caratterizzati da misure di sostegno di carattere eccezionale – sorrette dalla Unione Europea – che hanno riguardato vasti settori sociali e produttivi.

Tante sono le sfide davanti a noi in questi tempi non facili.

L’Italia ha dimostrato nei mesi passati di possedere le qualità morali per non lasciarsi confondere, per non lasciarsi distrarre dal proprio cammino e dai propri valori.

Quando aumentano le difficoltà siamo capaci di trarre una forza supplementare dalla unità di intenti, che pure fa salva la diversità e la ricchezza degli apporti. È parte della nostra cultura, della nostra civiltà.

Il lavoro è espressione di questa coesione, di questa spinta all’unità, di consapevolezza di un destino comune.

Una forza preziosa che ci serve particolarmente in questa stagione, in questo periodo così difficile.

Buon lavoro per l’oggi. Buona preparazione per il lavoro di domani.

Auguri.

Luigi BobbaIntervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella all’Istituto Salesiano “G. Bearzi” di Udine
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Alla Estrela do Mar di Inhassoro sono ripartite tutte le attività: una comunità di 800 persone

Istituto tecnico industriale, scuola secondaria e corsi professionali “brevi” per un polo educativo d’eccellenza

Corriere Eusebiano, sabato 6 novembre 2021

Dopo l’estate, alla Estrela do Mar di Inhassoro in Mozambico è finalmente potuto decollare il progetto “Giovani protagonisti dello sviluppo”. Finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli e dalla Fondazione Avsi e realizzato da Ipsia Acli di Vercelli, il progetto avrebbe dovuto decollare già nella primavera scorsa, ma le persistenti difficoltà determinate dalla pandemia ne hanno impedito la partenza. Obiettivo del progetto è di offrire ai giovani del Distretto di Inhassoro corsi di formazione professionale breve (tre mesi) orientati a far maturare competenze specifiche utili all’inserimento lavorativo o allo sviluppo di un’attività di lavoro autonomo. Sono stati avviati due corsi: uno di elettricità, finalizzato ad acquisire capacità nella riparazione di piccoli elettrodomestici e in interventi di illuminazione domestica; e un altro di sartoria/taglio e cucito, al termine del quale saper produrre capi di vestiario. Il primo vede una partecipazione di 41 giovani e il secondo di 27  per un totale di 68 studenti. Le donne rappresentano il 33%, prevalentemente concentrate nel corso di taglio e cucito. I corsi si concluderanno entro la fine del 2021 con il rilascio di un attestato di qualifica. L’attività formativa è coordinata dal direttore aggiunto della Estrela do Mar, Celso Guissemo e monitorata dal direttore di Enaip Mozambico, Samuel Mangeia.

Nei mesi scorsi poi, l’Istituto Tecnico Industriale Estrela do Mar è tornato pienamente operativo. Dopo un lungo stop, che si è protratto per tutto il 2020, le attività sono gradualmente riprese e, grazie ai ricorrenti interventi di sanificazione e al rigoroso rispetto delle regole di prevenzione del Covid, tutte le attività sono ritornate in funzione. L’anno scolastico 2020 si è concluso nel luglio 2021 e più di 100 studenti si sono diplomati. Conseguentemente, la formazione relativa all’anno 2021 – che avrebbe dovuto iniziare nel gennaio dello stesso anno – è partita invece a fine luglio 2021 e si chiuderà nel maggio 2022. Sono attive 17 classi  per un totale di 341 studenti così suddivisi: 52 nel corso di elettricità industriale; 44 nel corso di meccanica industriale e 34 in quello di contabilità. Infine, è stato riaperto anche l’altro ramo di istruzione: avviato dai due missionari vercellesi don Pio Bono e Caterina Fassio,prima della loro partenza da Inhassoro, è ora sotto la responsabilità del nuovo Parroco, padre Geremia. Si tratta della Scuola secondaria S. Eusebio che conta oggi 20 insegnanti e più 320 allievi suddivisi in 13 classi. La nuova direttrice, Victoria Sumbane ha dato un impulso importante a questa nuova scuola, per ora limitata ai primi due anni dopo l’obbligo; ma si conta che,con il prossimo anno, il numero degli allievi supererà le 400 unità. Nonostante il Covid, il seme sparso dai nostri missionari vercellesi, con il contributo delle Acli nazionali e di Vercelli e il costante appoggio finanziario della Fondazione CRVC, continua a dare buoni frutti. L’obiettivo ora sta nel legare sempre meglio la Estrela do Mar alle aziende del territorio in modo da facilitare l’inserimento al lavoro dei giovani studenti; allargare il numero dei corsi di formazione breve in modo da diffondere capacità professionali di base; nonché offrire ad un numero più ampio di giovani l’opportunità di accedere agli studi secondari. Il tutto cercando di rendere la scuola sempre più autosostenibile, anche mediante le risorse derivanti dalla produzione di oggetti ( banchi, serramenti, tavoli, sedie,capi di sartoria) o riparazioni meccaniche ed elettriche. Senza per questo dimenticare l’apporto dei donatori e dei volontari che hanno generosamente accompagnato – per più di 17 anni – la nascita e lo sviluppo della Estrela do mar.

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Luigi Bobba: “La via italiana al sistema duale: risultati e criticità”

Un primo bilancio della sperimentazione dei percorsi di IeFP “duale” non può non tener conto di quali fossero le attese iniziali e soprattutto di quali obiettivi si volesse centrare. Innanzitutto, vi era la volontà esplicita di abbattere il muro che separava nettamente scuola e impresa. Si voleva affermare anche un principio pedagogico, ovvero che l’apprendimento non avviene esclusivamente mediante l’acquisizione di conoscenze astratte, ma con una continua interazione tra riflessione e pratica, studio e lavoro. Un cambiamento particolarmente urgente nella scuola italiana che ha visto progressivamente crescere la separazione di queste dimensioni.

Lo sviluppo del duale in IeFP, la diffusione dell’alternanza scuola lavoro, la nascita degli ITS hanno segnato un cambio di stagione. Ma il percorso non è affatto compiuto. (continua)

Leggi il mio articolo nel monografico “La valutazione dell’esperienza duale nella IeFP. Linee di sviluppo del sistema nazionale” della Fondazione per la Scuola

 

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Sbrissa: «La formazione professionale, chiave per ridurre il mismatch tra scuola e lavoro»

«Parliamo di lavoro del futuro, ma quel lavoro è già qui. Per capirlo, basta guardare il modello vincente della formazione professionale», spiega l’amministratore delegato di Enaip Veneto. Più che un disequilibrio tra domanda e offerta, aggiunge, c’è una percezione errata da parte di chi «ancora pensa che i tecnici siano lavoratori di serie B, mentre numeri e dati dimostrano il contrario»

«La tecnica è bellezza e il lavoro professionale è il mix vincente di tecnica, bellezza e competenza». Giorgio Sbrissa è Amministratore delegato di Enaip Veneto e dal marzo, scorso, presidente di Forma Veneto, l’associazione regionale degli enti di formazione professionale di ispirazione cristiana, di cui fanno oggi parte Cnos-Fap Veneto (Salesiani), Ficiap Veneto, Enaip Veneto, Fondazione San Nicolò, Fedform Veneto, Ciofs-FP, Irigem e Centro Produttività Veneto. Sbrissa parla con grande passione di «quell’enorme bacino di capacità di generare futuro che è la formazione professionale». Un tema, questo, che accanto al rapporto tra scuola e società, tra scuola e formazione e tra formazione e lavoro è al centro del numero di settembre di Vita.

leggi l’intervista su Vita.it del 10 settembre 2021

Luigi BobbaSbrissa: «La formazione professionale, chiave per ridurre il mismatch tra scuola e lavoro»
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Formazione professionale, il modello funziona ma a due velocità: Centro e Sud arrancano

La mappa dell’Inapp: gli iscritti sono triplicati, ma le Regioni del Nord sono spedite nell’aggiornare e offrire percorsi di studio legati ai cambiamenti nel mercato del lavoro mentre le altre faticano. Così gli Its sono ancora eccellenze per pochi. Gli sbocchi occupazionali

La formazione professionale? Funziona. Meglio al Nord però, il Sud e il Centro sono indietro. E funziona meglio se si completano tutte le fasi, arrivando a quella che è un po’ “l’università” della formazione professionale, quegli Its, Istituti tecnici superiori che stando al passo con i cambiamenti del mercato del lavoro sfornano professionisti in grado di lavorare subito. Specialisti corteggiati dalle imprese del territorio. E’ ormai qualche decennio che se ne parla, ma gli Its rimangono ancora pochi.
 
La conferma della buona salute della formazione arriva dal Rapporto dell’Inapp, Istituto sulle analisi delle politiche pubbliche, erede dell’Isfol. A tre anni dal completamento del percorso di istruzione e formazione professionale lavora infatti il 69,2% dei diplomati e il 62,2% dei qualificati, con un tasso di coerenza dell’occupazione rispetto al percorso formativo del 76% tra i diplomati e del 72% tra i qualificati. Tradotto, chi li ha frequentati ha un lavoro in linea con quanto ha studiato.
 
A due anni di distanza dal conseguimento della specializzazione con l’istruzione e formazione tecnica superiore (Ifts) la quota di occupati è del 64%. Il tasso di occupazione a un anno dal diploma per gli Istituti tecnici superiori (Its) sale all’83%, con una coerenza tra percorso formativo e occupazione del 92%. Insomma la formazione professionale sembra funzionare, almeno a detta di Sebastiano Fadda, presidente dell’Inapp. “Appare evidente – ha dichiarato Fadda, presentando il Rapporto – come tali filiere non si trovino a vivere la criticità tipica di altre componenti del sistema educativo nazionale, il cui tradizionale limite è costituito dalla debolezza del legame fra formazione e lavoro. Al contrario, questo legame costituisce la principale chiave del successo di queste tipologie di percorsi. E il mondo imprenditoriale guarda infatti con grande attenzione a questi percorsi che costituiscono un bacino di reclutamento delle professionalità tecniche di livello iniziale e intermedio”.
 
Sempre più ragazzi cercano la strada del professionale, tant’è che il sistema ha visto quasi triplicare la partecipazione degli utenti, tra percorsi realizzati nell’ambito dei centri accreditati e percorsi erogati dagli istituti professionali in regime cosiddetto di ‘sussidiarietà’. Si è passati infatti dai 107mila allievi nell’anno formativo 2009-10 per arrivare, con l’avvento dei percorsi negli istituti professionali, a 348mila del 2014-15, fino ai 288mila iscritti nel 2018-19. Altri numeri, più contenuti, per i percorsi di alta specializzazione. Quelli sui quali in fondo punta il governo.
 
C’è però un’Italia di nuovo spaccata a metà. “L’efficacia nel rispondere alle richieste del mondo del lavoro – sottolnea Fadda – è data in gran parte dalla capacità delle amministrazioni e dei progettisti di formazione di rilevare i fabbisogni di competenze dei territori attraverso analisi mirate che permettano la definizione tempestiva dei profili in uscita dalla filiera lunga, in sintonia con i rapidi mutamenti del mercato nazionale e locale”. Per ogni Regione c’è un percorso diverso. Difficile trovare un comun denominatore “che abbia validità nazionale e sia, al contempo, in grado di intercettare i fabbisogni di 21 diverse realtà, tra Regioni e Province autonome”.
 
“Inoltre il sistema proprio perché in capo alle Regioni – aggiunge Fadda – nasce e si sviluppa in maniera non omogenea sul territorio nazionale, secondo le scelte di politica formativa delle diverse amministrazioni. Nel Nord imprenditoriale, dove esiste una forte domanda di operatori e tecnici da parte delle imprese e una presenza consolidata di centri di formazione professionali, le amministrazioni hanno sostenuto robustamente tali percorsi favorendo la crescita della partecipazione. Lo stesso non è stato fatto al Centro e al Sud, dove si è preferito promuovere i percorsi realizzati dagli istituti professionali in regime di sussidiarietà integrativa. Una disomogenità che appare assai poco in linea con i dettami costituzionali di pari opportunità formative”.
 
La soluzione? “Sia a livello nazionale che a livello regionale appare necessario definire procedure più snelle e soprattutto continuative e non episodiche di aggiornamento dei repertori delle filiere formative”. Anche perché, è bene dirlo, ormai c’è una concorrenza spietata di scuole professionalizzanti private.

Leggi l’articolo di Repubblica del 05 Settembre 2021

Luigi BobbaFormazione professionale, il modello funziona ma a due velocità: Centro e Sud arrancano
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Verso una proposta di legge per l’apprendistato formativo ed il contratto di inserimento lavorativo

 

Dopo una iniziale forte accelerazione concomitante con la sperimentazione del sistema duale di apprendimento avviata nel 2016/2018, l’apprendistato formativo di I e III livello (D.Lgs 81/2015 – Titolo V) ha subito un sostanziale rallentamento. Il primo si attesta oggi attorno agli 11 mila apprendisti assunti annualmente, il secondo, non raggiunge i mille contratti (fonte COB – MLPS).

Lo strumento che, più di ogni altro, ha dimostrato di essere un efficace mezzo per ridurre la lunga transizione dei giovani italiani tra la fine degli studi e l’inserimento lavorativo e che ha dato buoni risultati nel contrastare la dispersione scolastica, rappresenta oggi in Italia un segmento del tutto marginale del mercato del lavoro, nonostante le forti aspettative che aveva suscitato. Oggi è la sfida del post covid 19 che ci obbliga a fare i conti con una forte ripresa della disoccupazione giovanile e con un inadeguato assetto delle politiche attive -soprattutto riguardanti le insufficienti sinergie con i sistemi di istruzione e formazione professionale-. Questa stessa sfida ci pone con forza la questione di rendere più incisivo l’intero assetto dell’apprendistato formativo sia per potenziare l’inserimento lavorativo dei giovani, sia per allargare l’area di intervento di questo contratto di formazione e lavoro verso i lavoratori in transizione, i giovani NEET, i disoccupati di lunga durata, i percettori di reddito di cittadinanza, i lavoratori in cassa integrazione o in Naspi. (continua)

 

leggi l’articolo di Luigi Bobba (Presidente di Terzjus), Maurizio Drezzadore (Consulente di Formazione), Marco Muzzarelli (Direzione Nazionale Fondazione ENGIM) su Bollettino ADAPT 12 luglio 2021, n. 27

Luigi BobbaVerso una proposta di legge per l’apprendistato formativo ed il contratto di inserimento lavorativo
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