Radiografia delle 22.220 imprese sociali iscritte al Registro unico

Ad oggi circa il 90% del totale sono cooperative sociali ex l. 381/1991 e il restante 10% sono enti diversi dalle cooperative sociali. Tra le imprese sociali diverse dalle cooperative sociali, vi sono diverse centinaia di cooperative non “sociali”, ma anche diverse centinaia di società a responsabilità limitata (e altre società di capitali), che stanno diventando la seconda forma giuridica più utilizzata di impresa sociali

Lo scorso 21 marzo, in esecuzione di quanto disposto dal d.m. 106/2020 sulla base delle norme del Codice del terzo settore (“Cts”), i dati degli enti iscritti nella sezione “imprese sociali” del Registro delle imprese sono stati “massivamente riversati” nel Runts, nell’apposita sezione di quest’ultimo registro, denominata “imprese sociali”.

leggi l’articolo di Antonio Fici su Vita.it del 28 marzo 2022

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Il Terzo Settore: importante soggetto per il rilancio del Paese

di Luigi Bobba, Interris.it del 3 febbraio 2022

Nel testo del Pnrr, il Terzo Settore è indicato come uno dei soggetti importanti per questa decisiva operazione di rilancio e resilienza del Paese ed è convolto in diverse missioni, in particolare nella Missione 5 riguardante gli ambiti del lavoro, della formazione del sociale e della famiglia. Dunque, il Pnrr è sicuramente un passo nella direzione giusta. Sorprende invece che – nella lettura dei bandi che finora sono usciti in capo ai diversi Ministeri per l’impiego delle risorse già trasferite dalla Ue all’Italia– la soggettività originale e distintiva del Terzo Settore sia sostanzialmente bypassata, nel senso che i destinatari delle risorse sia di investimento che a fondo perduto del Pnrr, sono solamente le istituzioni pubbliche – Regioni e Comuni –, e le imprese private; a ciò si aggiunge un generico e indefinito “Altro”.

Classificare il Terzo Settore sotto la rubrica “altro”, ne fa un elemento marginale e non paritario con gli altri attori pubblici e privati. Questo è un limite forte a cui bisogna mettere mano, cominciando dal bando per l’utilizzo dei beni confiscati alle mafie emanato dall’Agenzia per la Coesione territoriale. Ora, la stessa Agenzia della Coesione ha emesso un Avviso per il coinvolgimento del Terzo Settore nella progettazione territoriale e questo forse è un indicatore di un cambiamento di rotta che deve essere valorizzato e tenuto in conto. C’è però ancora molta strada da fare; il Terzo Settore – in particolare in ordine agli articoli 55 e 56 del Codice del Terzo Settore – acquisisce una sua originale fattispecie giuridica e dunque può anche essere destinatario di finanziamenti diretti nell’ambito delle iniziative promosse con il Pnrr.  Non a caso il Forum del Terzo Settore è stato coinvolto nell’organismo consultivo – presieduto dal Prof. Tiziano Treu – che ha il compito di verificare se gli indirizzi contenuti nei bandi corrispondono al disegno iniziale.  È necessario che chi rappresenta gli enti del terzo settore contrasti la comoda deriva di considerare il Terzo Settore come soggetto ancillare, marginale o emergenziale, anziché far valere la sua caratterizzazione originale e distintiva.

Riguardo al coinvolgimento del Terzo Settore circa la realizzazione del Pnrr, voglio formulare tre auspici. Il primo riguarda i bandi emanati dai diversi Ministeri, che sono gli attori principali nel perseguimento degli obiettivi esplicitati nelle Missioni in cui è articolato il Pnrr. Qualora gli stessi Ministeri agissero omettendo tale indirizzo, la cabina di regia – che è presieduta dal Presidente del Consiglio – ha il dovere di correggere il tiro e intervenire tempestivamente per far sì che il coinvolgimento del Terzo Settore sia effettivo.

Il secondo auspicio è che i tanti interventi che sono sotto la diretta responsabilità delle autonomie locali – ovvero le Regioni e i Comuni – diventino il luogo ideale dove sperimentare gli innovativi istituti dell’Amministrazione condivisa, anziché rassegnarsi alla logica delle gare e dei bandi. Il terzo auspicio è che anche il Terzo Settore, in particolare gli enti più rappresentativi e qualificati – abbiano la consapevolezza di questo cambio culturale che lo riguarda direttamente. Più puntualmente, mettano in gioco le loro competenze e le loro risorse per dar vita ad una coprogrammazione condivisa in modo da individuare I tanti bisogni che oggi non hanno risposta per poi gestire progetti cooperativi con le amministrazioni pubbliche. A tal fine, analogamente a quanto previsto in una recente norma approvata prima della fine del 2021 relativa all’istituzione di un fondo per una “Repubblica digitale”, si dia vita ad un apposito Fondo per promuovere interventi per una “Repubblica solidale”.

In altre parole, ci si ispiri alla positiva esperienza del Fondo per la lotta alla povertà educativa minorile, che ha coinvolto quasi cinque milioni di bambini e di adolescenti. Lo Stato riconosca un credito di imposta alle Fondazioni bancarie che investono in progetti legati all’inserimento al lavoro dei Neet, al welfare di comunità, all’ inclusione delle persone con disabilità. In questo modo, ossia coinvolgendo anche risorse private, si incentiva una transizione sociale ancora poco tematizzata ma che è altrettanto fondamentale al pari delle transizioni digitale ed ecologica.

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Luigi Bobba: Amministrazione condivisa: 5 leve per portarla a terra

La sfida per rimettere al centro la comunità, per realizzare rapporti collaborativi tra Enti del terzo settore e le Pubbliche amministrazioni e per accompagnare con adeguati provvedimenti e interventi la transizione sociale in corso in modo che sia sostenibile, equa e inclusiva, dipenderà grandemente dalle azioni che intraprenderanno sia i quadri degli ETS che gli amministratori eletti nei Comuni e nelle Regioni

di Luigi Bobba su Vita.it del 24 gennaio 2022

Dal ricco confronto scaturito dall’Agora’ del 10 gennaio scorso promossa dal Partito democratico dedicata all’Amministrazione condivisa e coordinata dall’onorevole Stefano Lepri (che ha gia’ scritto sul tema), sono emerse alcune indicazioni utili certamente per la dirigenza del PD, per gli Amministratori locali ma altresì per gli Enti del Terzo settore.

La sfida per rimettere al centro la comunità, per realizzare rapporti collaborativi tra Enti del terzo settore e le Pubbliche amministrazioni e per accompagnare con adeguati provvedimenti e interventi la transizione sociale in corso in modo che sia sostenibile, equa e inclusiva, dipenderà grandemente dalle azioni che intraprenderanno sia i quadri degli ETS che gli amministratori eletti nei Comuni e nelle Regioni.
Qui, ho provato a riassumere in cinque linee propositive quanto emerso in questo originale confronto; il primo che un partito politico dedica ad uno degli aspetti più innovativi del Codice del Terzo settore.

1. Interventi legislativi di carattere nazionale e regionale
​Lo sviluppo dell’Amministrazione condivisa presuppone che il quadro legislativo emerso dalla riforma del Terzo settore sia attuato, completato ed eventualmente corretto laddove sia necessario. Ne consegue che:

  • la notifica alla Commissione UE delle norme di carattere fiscale del Codice del terzo settore (CTS) soggette ad autorizzazione comunitaria, sia prontamente inviata in modo da poter utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione della Riforma e ridurre gli elementi di precarietà e incertezza oggi presenti;
  • introdurre nel primo provvedimento utile gli emendamenti al CTS concordati tra il Forum del Terzo settore e il Ministero del Lavoro volti a dare sia un’interpretazione univoca a determinate norme, sia a correggerne alcune che si sono rivelate inefficaci o difficilmente applicabili
  • promuovere l’adozione a livello regionale di normative che recepiscano le novità contenute nel CTS. Finora , a più di quattro anni dall’approvazione del CTS, solo tre regioni hanno recepito e integrato la nuova normativa con leggi regionali proprie.

2. PNRR e ruolo del Terzo settore
Esiste una significativa discrasia tra le affermazioni di principio del Governo e dei principali esponenti politici e il contenuto dei provvedimenti attuativi del PNRR. Qui il ruolo del Terzo settore appare in alcuni casi inesistente, in altri marginale, in altri ancora meramente ancillare alle pubbliche amministrazioni. Ci sono le imprese, le istituzioni pubbliche ma il terzo pilastro – la comunità – viene poco considerato. Al piu’ viene derubricato ad “Altro…”
Di qui la proposta che si metta mano ad una correzione ai provvedimenti gia’ emananti ed ad una correzione di rotta per quelli in preparazione, attribuendo agli ETS la possibilità di essere destinatari diretti – proprio in forza degli art. 55 e 56 del CTS – dei finanziamenti a fondo perduto e di investimento previsti da Next Generation EU. A cominciare dal bando della Agenzia per la coesione circa l’utilizzo degli immobili confiscati alle mafie in particolare nelle Regioni del Sud.

3. Apprendere dal territorio: la comunità come risorsa per la coprogrammazione
Nel dibattito pubblico e nelle nuove procedure messe in campo dalle istituzioni locali, si è messo spesso l’accento sulla coprogettazione, lasciando invece in ombra la altrettanto importante attività relativa alla coprogrammazione. Questa carenza va colmata in quanto, in non pochi casi, gli interventi di carattere sociale non sortiscono il risultato atteso per le carenze nella individuazione dei bisogni e nella ricognizione delle risorse disponibili nella comunità territoriale.
Proprio qui, il Terzo settore può svolgere un ruolo primario, apportando una conoscenza dei bisogni, dei soggetti e del territorio derivante dal suo essere al centro delle dinamiche della comunità territoriale, come peraltro rilevato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 131/2020.
Lo sviluppo di metodiche e procedure appropriate e l’accrescimento di competenze qualificate per attivare tavoli e processi di coprogrammazione possono consentire una partecipazione effettiva e non puramente simbolica dei soggetti della società civile organizzata e, allo stesso tempo, favorire poi una coprogettazione efficace nella risposta ai bisogni individuati.

4. Formazione diffusa e laboratorio dell’Amministrazione condivisa
Il qualificato piano di formazione dei quadri delle Pubbliche amministrazioni e degli ETS avviato dal Ministero del Lavoro e realizzato dall’Anci rappresenta certamente una strada decisiva per sconfiggere l’inerzia burocratica ed evitare che la mancanza di procedure amministrative adeguate finisca per svuotare la carica innovativa degli istituti dell’Amministrazione condivisa.

In tale contesto sono emerse due linee propositive:

  • allargare ulteriormente le attività formative per l’amministrazione condivisa anche alle diverse realtà territoriali coinvolgendo sia gli amministratori pubblici, i quadri della PA e i responsabili degli ETS in particolar modo le reti associative e i Centri di servizio del volontariato
  • dar vita ad un laboratorio dell’Amministrazione condivisa finalizzato ad una ricognizione delle esperienze già sul campo, alla standardizzazione delle procedure e all’introduzione di criteri di valutazione dell’impatto sociale come elemento discriminane per valutare la bontà e l’efficacia delle attività e dei servizi di interesse generale . A tale fine, l ‘Osservatorio Terzjus può mettere a disposizione le proprie risorse progettuali nonché le proprie competenze giuridico – organizzative per dare consistenza a questo obiettivo.

5. Istituire un Fondo per la transizione sociale
Su indicazione del presidente Giuseppe Guzzetti, sarebbe necessario estendere la normativa già in vigore con la legge 152/2021, art. 29 relativa ad interventi per una “Repubblica digitale” anche ad azioni , progetti ed iniziative volti a sostenere la transizione sociale, ovvero ad affrontare le nuove disuguaglianze nel tempo della post-pandemia.

È infatti importante promuovere la formazione e l’acquisizione di competenze digitali in modo da arginare nuovi processi di esclusione, ma altresì vi sono numerosi campi di intervento – inserimento al lavoro dei Neet, welfare di comunità, povertà educativa minorile, inclusione degli immigrati – che potrebbero essere utilmente affrontati con la metodologia – già sperimentata negli anni passati -, incentrata sul credito di imposta alle Fondazioni bancarie finalizzato alla creazione di uno o più Fondi vincolati allo scopo prescelto. Una prassi che ha visto un pieno coinvolgimento degli ETS, lo sviluppo di una cultura cooperativa con la PA e risultati significativamente migliori rispetto a provvedimenti unicamente incentrati sulle pubbliche amministrazioni.

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Le attività diverse e il patrimonio destinato degli enti religiosi civilmente riconosciuti

Le attività diverse e il patrimonio destinato degli enti religiosi civilmente riconosciuti. Note a margine di recenti integrazioni alle norme sul Terzo settore

In sede di conversione del decreto legge semplificazioni-bis e PNRR (n. 77 del 2021) sono state modificate, tra le altre, le norme del Codice del Terzo settore e del decreto sull’Impresa sociale che concedono agli enti religiosi civilmente riconosciuti di accedere al regime del Terzo settore limitatamente ad un ramo della propria attività. Al fine di chiarire alcuni dubbi interpretativi emersi all’indomani dell’entrata in vigore della Riforma, le disposizioni sono state integrate prevedendo esplicitamente: la possibilità di svolgere nell’ambito del ramo anche attività diverse di cui all’art. 6 CTS; l’obbligo di indicare nel regolamento del ramo, o in atto allegato, i beni che compongono il patrimonio a questo destinato; la limitazione della responsabilità per le obbligazioni contratte in relazione alle attività del ramo al solo patrimonio a questo destinato e, al contempo, l’impossibilità per i creditori generali dell’ente religioso di far valere i propri diritti sul patrimonio destinato al ramo.

leggi l’articolo di Alessandro Perego del 31 agosto 2021 su Terzjus.it

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Terzo Settore, una riforma che cambia il pensiero

Dalla Legge Delega del 2016 a oggi, il percorso che ridisegna diritti e doveri del non profit ha segnato tappe importanti. I risultati raggiunti e i prossimi obiettivi nelle parole di due “padri nobili” della riforma, Luigi Bobba e Stefano Zamagni

In principio fu la 106, la Legge Delega che, nel 2016, ha sancito in maniera ufficiale la riforma organica del mondo del Terzo Settore italiano. Seguono, di lì a un anno, un Decreto relativo al Servizio Civile universale e alla regolamentazione del 5xmille, uno che revisiona e rilancia la disciplina delle imprese sociali e, infine, un terzo che conduce all’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, un Testo Unico composto di 104 articoli che integra, armonizza e sostituisce la strati cazione di norme accavallatesi nei decenni. Con il Codice si è avviata l’istituzione di uno strumento fondamentale, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts), che unifica i diversi strumenti diregistrazione preesistenti.

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La riforma del terzo settore e l’Italia che ricuce

Il 2017 è stato l’anno in cui il governo varò la riforma del Terzo Settore con il suo primo Codice Unico (dlg 117/2017). Padre indiscusso di essa il Sottosegretario di Stato del tempo Luigi Bobba, la cui storia nel sociale italiano ampiamente ha animato il suo impegno politico e la sua assoluta autorevolezza nel settore.

Ma la ricchezza del processo riformatore è nel fatto che la paternità della riforma non è esclusiva, ma diffusa. Appartiene a tutti coloro che hanno costruito negli anni un mondo, quello del Terzo Settore appunto, incardinato nel principio di sussidiarietà orizzontale (circolare per diversi) che la riforma del Titolo V della Costituzione ha voluto nell’articolo 118 ultimo comma, dando il rango di norma “superiore” alle autonome iniziative dei cittadini che lo Stato (e le sue diramazioni) sono tenute a favorire.

leggi l’articolo di Gianluca Budano su Huffington Post del 4 agosto 2021

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Giuliano Amato: Verso un’amministrazione condivisa

Riportiamo qui di seguito l’intervento del Prof. Giuliano Amato in occasione della presentazione del Terzjus Report 2021 svoltasi a Roma lo scorso 2 luglio 2021

Gli sviluppi legati all’introduzione del Codice del Terzo Settore sono ben più estesi di quelli che sembrano percepiti sinora. Si ha l’impressione che la trasformazione culturale, politica e giuridica legata alla nuova codificazione non sia sufficientemente indagata e, per quanto più direttamente mi riguarda, sono forse i costituzionalisti e gli amministrativisti a dover prendere piena coscienza di un mutamento, che non si è affatto limitato ad aprire un nuovo capitolo di figure e di rapporti privatistici.

leggi l’intero intervento di Giuliano Amato su Terzjus.it 

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Terzo settore, decalogo per non sprecare una buona riforma (pronta da 4 anni)

di Silvia Morosi su Corriere Buone Notizie del 13 luglio 2021

Sono passati quattro anni dall’approvazione del decreto legislativo 117/2017, meglio conosciuto come Codice del Terzo Settore. Ma cosa pensano della riforma le organizzazioni? E che impatto ha avuto il provvedimento sulla struttura e sul vissuto quotidiano di quanti operano nel mondo del no profit e dell’impresa sociale? A raccontarlo sono i diretti interessati nelle pagine di “Riforma in movimento”, il primo rapporto sullo stato di salute e le prospettive della Riforma del Terzo settore. Promosso da Terzjus e Italia non profit, lo studio ha visto il coinvolgimento, per due mesi, di più di 1.500 organizzazioni (1.671 per la precisione) e 24 partner. Cosa emerge dall’indagine?

Se da un lato la quasi totalità degli intervistati (86%) ritiene che l’iter legislativo per l’approvazione del decreto sia stato troppo lungo, il giudizio sull’istituzione di un registro unico nazionale del Terzo Settore è molto positivo: il 56,7% degli operatori lo ritiene uno strumento di apertura verso l’esterno, utile a riorganizzare il sistema di registrazione degli enti che “volontariamente” desiderano registrarsi per ottenere le agevolazioni fiscali e, più in generale, della legislazione di favore collegata alla qualifica di “Ente del Terzo Settore” (Ets). Se un’organizzazione su tre ancora non conosce alla perfezione questa opportunità, ben l’87% dei soggetti dichiara di volersi iscrivere. E ancora, un ente su 2 ha già adeguato il proprio statuto al nuovo modello, in modo da essere pronto ad affrontare meglio le sfide future. Una rivoluzione accolta con ottimismo: più dell’80% degli intervistati guarda con favore alla riforma, e si aspetta un’azione delle istituzioni più incisiva su un mondo che solo nel nostro Paese coinvolge 300.000 associazioni, 1 milione di lavoratori e oltre 5 milioni di volontari.

Un mondo variegato, quello del volontariato e dell’associazionismo, che opera con un solo obiettivo: perseguire il bene comune. “La nostra ricerca – spiega Luigi Bobba, presidente di Terzjus (nella foto sopra) – è stata la prima occasione per dare la parola ai destinatari della Riforma del Terzo settore”. Una riforma, chiarisce, “conosciuta più per gli aspetti regolamentari e gli adempimenti, che per le norme promozionali e le opportunità che offre”. Per questo, ha aggiunto, è stato consegnato al Ministro del Lavoro Andrea Orlando un decalogo (10 azioni per non sprecare una buona riforma) che vuole essere “uno stimolo affinché le istituzioni preposte mettano in campo azioni informative e promozionali rivolte in particolare alle organizzazioni di piccole dimensioni”.

Qui il report completo.

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Verso una legge europea sul Terzo settore

A livello di diritto dell’Unione europea manca una disciplina specifica degli enti non profit, laddove per altri enti giuridici, come le società di capitali e le società cooperative, esistono specifici regolamenti europei. È possibile ottenere oggi il risultato non conseguito negli scorsi decenni?

Luigi BobbaVerso una legge europea sul Terzo settore
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