Inchiesta alternanza scuola-lavoro. Luigi Bobba: “Da perfezionare, però ha tanti pregi”

La strumentalizzazione mediatica legata alla tragedia di Lorenzo Parelli rischia di offuscare i grandi meriti di un’esperienza che ha vari lati positivi: prevenire l’abbandono delle aule scolastiche e l’inattività degli alunni

leggi l’intervista a Luigi Bobba su Famiglia Cristiana n.8/2022  pagg. 16-18

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Luigi Bobba «Terzo settore: il percorso della riforma va avanti»

Dopo lo “stallo” con i governi che hanno preceduto l’esecutivo Draghi

Parla Bobba artefice del nuovo strumento normativo

E’ possibile, a più di quattro anni dal varo della riforma del Terzo settore, fare un bilancio dell’efficacia e dello stato di applicazione delle norme da essa introdotte? Abbiamo girato la domanda a Luigi Bobba, considerato il “padre” della riforma e ora presidente di Terzjus, l’osservatorio giuridico sul Terzo settore. 

«La risposta non è semplice  – premette e Bobba – in primo luogo perché, trattandosi di una riforma di sistema, i risultati si possono valutare su un tempo certamente non breve. Ma forse il motivo più rilevante sta nel fatto che tre diversi cambi di governo, dal 2018 a oggi, hanno decisamente rallentato il percorso attuativo della riforma. E in particolare, i due governi gialloverde e giallorosso avevano dato scarso impulso ai provvedimenti attuativi necessari a concretizzare le scelte operate dal parlamento e dal governo nel 2017. Ora, con il governo Draghi e il ministro del lavoro Andrea Orlando, il cammino della riforma, pur ancora con ritardi e incertezze, si è rimesso in moto». 

Quali sono dunque gli elementi positivi e quelli problematici che ci indicano lo stato di salute della riforma? 

«Innanzitutto, proprio in quei mesi, ha preso avvio il Registro unico degli enti di Terzo settore (Runts). Uno strumento cardine per avere nalmente un quadro amministrativo chiaro e aggiornato degli Enti di terzo settore (ETS). Il Registro unico, infatti , sostituirà gli attuali vecchi e diversificati registri, diventando il punto di riferimento essenziale per le amministrazioni pubbliche e la porta di accesso per gli ETS alle diverse opportunità e facilitazioni che la riforma ha previsto. In queste se mane è in corso una rilevante operazione di “trasmigrazione” delle Organizzazioni di volontariato (Odv) e delle Associazioni di promozione sociale (Aps) dai pregressi registri regionali al Runts. Entro la fine di febbraio questo passaggio dovrà essere concluso. Si tratta di più di 90mila organizzazioni, che diventeranno ETS. A ora, sono circa 47.500 gli enti già trasmigrati (il 54% di quelli iscritti nei precedenti registri) e sono oltre 3.000 le richieste di nuovi soggetti, mai iscritti a precedenti registri, che vogliono entrare nel Runts. Non sarà obbligatorio per le diverse realtà associave iscriversi a tale registro, ma la mancata adesione non consentirà alle stesse di accedere ai bandi effettuati dalla Regione per nuovi progetti, di essere beneficiari del 5 per 1.000, di consentire ai cittadini che effettueranno donazioni a questi enti di avere una significativa detrazione scale, di ottenere in comodato gratuito strutture e immobili dalle amministrazioni pubbliche. (continua)

leggi l’intervista di Luca Sogno a Luigi Bobba su Corriere Eusebiano del 12 febbraio 2022 pag. 8

 

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Luigi Bobba: “Le nuove sfide del Terzo Settore in un mondo che cambia”

Interris.it ha intervistato Luigi Bobba, già sottosegretario al Welfare e presidente di Terzjius

Il ruolo del Terzo Settore è notevolmente cresciuto in Italia, anche durante la difficile fase pandemica. Un universo che conta 375 mila diverse istituzioni tra associazioni, fondazioni e cooperative sociali, con un incremento pari al 25% rispetto allo scorso decennio. Gli italiani che partecipano ad attività associative sono 10,5 milioni, ossia un quinto della popolazione che ha più di 14 anni. L’apporto del Terzo Settore dell’economia è stimato in 80 miliardi di euro ed è pari al 5% del Prodotto interno lordo. Gli addetti sono oltre 900 mila – di cui il 70%sono donne – ai quali si aggiungono circa quattro milioni di volontari. La riforma del 2017, la pandemia ed il conseguente Pnrr hanno fatto sì che questo fondamentale ambito sociale ed economico del nostro paese si trovi di fronte a nuove e molteplici sfide. Rispetto a questo tema Interris.it ha intervistato Luigi Bobba già presidente nazionale delle Acli, parlamentare e sottosegretario al Lavoro. Ora presidente di Terzjus, di Enaip Mozambico e del Comitato Global Inclusion.

leggi l’intervista di Christian Cabello a Luigi Bobba su In Terris del 10 gennaio 2022

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Terzo Settore, una riforma che cambia il pensiero

Dalla Legge Delega del 2016 a oggi, il percorso che ridisegna diritti e doveri del non profit ha segnato tappe importanti. I risultati raggiunti e i prossimi obiettivi nelle parole di due “padri nobili” della riforma, Luigi Bobba e Stefano Zamagni

In principio fu la 106, la Legge Delega che, nel 2016, ha sancito in maniera ufficiale la riforma organica del mondo del Terzo Settore italiano. Seguono, di lì a un anno, un Decreto relativo al Servizio Civile universale e alla regolamentazione del 5xmille, uno che revisiona e rilancia la disciplina delle imprese sociali e, infine, un terzo che conduce all’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, un Testo Unico composto di 104 articoli che integra, armonizza e sostituisce la strati cazione di norme accavallatesi nei decenni. Con il Codice si è avviata l’istituzione di uno strumento fondamentale, il Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (Runts), che unifica i diversi strumenti diregistrazione preesistenti.

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La riforma del terzo settore e l’Italia che ricuce

Il 2017 è stato l’anno in cui il governo varò la riforma del Terzo Settore con il suo primo Codice Unico (dlg 117/2017). Padre indiscusso di essa il Sottosegretario di Stato del tempo Luigi Bobba, la cui storia nel sociale italiano ampiamente ha animato il suo impegno politico e la sua assoluta autorevolezza nel settore.

Ma la ricchezza del processo riformatore è nel fatto che la paternità della riforma non è esclusiva, ma diffusa. Appartiene a tutti coloro che hanno costruito negli anni un mondo, quello del Terzo Settore appunto, incardinato nel principio di sussidiarietà orizzontale (circolare per diversi) che la riforma del Titolo V della Costituzione ha voluto nell’articolo 118 ultimo comma, dando il rango di norma “superiore” alle autonome iniziative dei cittadini che lo Stato (e le sue diramazioni) sono tenute a favorire.

leggi l’articolo di Gianluca Budano su Huffington Post del 4 agosto 2021

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Terzo settore, decalogo per non sprecare una buona riforma (pronta da 4 anni)

di Silvia Morosi su Corriere Buone Notizie del 13 luglio 2021

Sono passati quattro anni dall’approvazione del decreto legislativo 117/2017, meglio conosciuto come Codice del Terzo Settore. Ma cosa pensano della riforma le organizzazioni? E che impatto ha avuto il provvedimento sulla struttura e sul vissuto quotidiano di quanti operano nel mondo del no profit e dell’impresa sociale? A raccontarlo sono i diretti interessati nelle pagine di “Riforma in movimento”, il primo rapporto sullo stato di salute e le prospettive della Riforma del Terzo settore. Promosso da Terzjus e Italia non profit, lo studio ha visto il coinvolgimento, per due mesi, di più di 1.500 organizzazioni (1.671 per la precisione) e 24 partner. Cosa emerge dall’indagine?

Se da un lato la quasi totalità degli intervistati (86%) ritiene che l’iter legislativo per l’approvazione del decreto sia stato troppo lungo, il giudizio sull’istituzione di un registro unico nazionale del Terzo Settore è molto positivo: il 56,7% degli operatori lo ritiene uno strumento di apertura verso l’esterno, utile a riorganizzare il sistema di registrazione degli enti che “volontariamente” desiderano registrarsi per ottenere le agevolazioni fiscali e, più in generale, della legislazione di favore collegata alla qualifica di “Ente del Terzo Settore” (Ets). Se un’organizzazione su tre ancora non conosce alla perfezione questa opportunità, ben l’87% dei soggetti dichiara di volersi iscrivere. E ancora, un ente su 2 ha già adeguato il proprio statuto al nuovo modello, in modo da essere pronto ad affrontare meglio le sfide future. Una rivoluzione accolta con ottimismo: più dell’80% degli intervistati guarda con favore alla riforma, e si aspetta un’azione delle istituzioni più incisiva su un mondo che solo nel nostro Paese coinvolge 300.000 associazioni, 1 milione di lavoratori e oltre 5 milioni di volontari.

Un mondo variegato, quello del volontariato e dell’associazionismo, che opera con un solo obiettivo: perseguire il bene comune. “La nostra ricerca – spiega Luigi Bobba, presidente di Terzjus (nella foto sopra) – è stata la prima occasione per dare la parola ai destinatari della Riforma del Terzo settore”. Una riforma, chiarisce, “conosciuta più per gli aspetti regolamentari e gli adempimenti, che per le norme promozionali e le opportunità che offre”. Per questo, ha aggiunto, è stato consegnato al Ministro del Lavoro Andrea Orlando un decalogo (10 azioni per non sprecare una buona riforma) che vuole essere “uno stimolo affinché le istituzioni preposte mettano in campo azioni informative e promozionali rivolte in particolare alle organizzazioni di piccole dimensioni”.

Qui il report completo.

Luigi BobbaTerzo settore, decalogo per non sprecare una buona riforma (pronta da 4 anni)
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Il virus come crash test del volontariato. Intervista al presidente dell’Osservatorio giuridico

Ex presidente delle Acli e sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba, tra i più autorevoli esponenti del cattolicesimo sociale italiano, presiede l’Osservatorio giuridico sul volontariato. L’intervista a Interris.it sull’impatto del Covid nel terzo settore

“E’ importante unire tutti gli sforzi per sconfiggere il virus e salvare la vita di tante persone. Ma non si può coltivare l’illusione che tutto tornerà come prima”, afferma a Interris.it l’ex presidente delle Acli e sottosegretario al Lavoro, Luigi Bobba. Tra i più autorevoli esponenti del cattolicesimo sociale italiano, presiede l’Osservatorio giuridico sul volontariato.

leggi la mia intervista su Interris.it di giovedì 19 Novembre 2020

Luigi BobbaIl virus come crash test del volontariato. Intervista al presidente dell’Osservatorio giuridico
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Luigi Bobba: “A tre anni dalla riforma del Terzo settore: cosa resta da fare”

Il Codice del terzo settore (CTS) è una casa aperta o una prigione? La domanda provocatoria che è stata posta in un recente convegno promosso dal Dipartimento di Giurisprudenza e dalla Scuola di scienze sociali dell’Università di Genova, consente di provare a trarre un primo bilancio – a tre anni dalla sua promulgazione – della riforma del Terzo settore e in particolare del provvedimento più corposo: il CTS. La risposta – per chi come me ha contribuito a delineare l’impianto della legge prima, e poi i diversi decreti legislativi – potrebbe anche apparire scontata. Ma, ugualmente, se si propende per il CTS come casa aperta, occorre motivare tale affermazione. Con una premessa: con  la riforma, e in particolare con il CTS, si intendeva perseguire un duplice obiettivo. Dare ordine e certezza ad un mondo regolato da una legislazione frastagliata e contraddittoria; e introdurre un complesso di norme di carattere promozionale in modo da, non solo riconoscere, ma altresì favorire i soggetti di Terzo settore in quanto attori essenziali sia nel rafforzamento della coesione sociale che in uno sviluppo più inclusivo del Paese. 

Ora, è sotto gli occhi di tutti che in questi tre anni l’applicazione della riforma è stata troppo lenta e discontinua. Ugualmente, vi sono alcuni indicatori che, pur in questo quadro pieno di luci e ombre, ci trasmettono segnali positivi. Primo: i focus annuali che l’ISTAT realizza su un campione molto consistente delle Istituzioni non profit (INP), ci dicono che il numero dei cittadini impegnati in attività civiche o di volontariato è cresciuto; e, ancor di più, sono aumentate le organizzazioni che hanno superato quota 360.000. Poi, l’incremento dei contribuenti  che utilizzano la facoltà di destinare il 5 per 1000 ad uno degli Enti del terzo settore (ETS): nelle dichiarazioni dei redditi effettuate nel 2019, dopo alcuni anni di stasi, la curva è cresciuta di circa il 3%. Ancora, dalle rilevazioni di Unioncamere, nell’apposita sezione del Registro delle imprese, le imprese sociali costituite in forma diversa da quella cooperativa, sono passate da circa 900 alla fine del 2016 a più di 1500 a fine 2019: e ciò nonostante non siano ancora in vigore le norme fiscali di favore contenute nel dlgs 112/2017. Infine, dopo tre anni in cui il numero dei ragazzi in Servizio civile era andato decrescendo, qualche settimana fa, il Governo ha deciso di incrementare nella legge di bilancio l’apposito fondo di 200 milioni, in modo da realizzare almeno in parte l’obiettivo del dlgs 40/2017: il servizio civile universale. Ho voluto evidenziare questi segnali, seppur ancora deboli e incerti, per non assecondare la vulgata che guarda alla riforma solamente come ad  un appesantimento burocratico, specie per le piccole e medie organizzazioni; bensì, come ad un’occasione per crescere, cambiare e affrontare nuove sfide.

In particolare ora che è stato varato il Registro unico degli Enti di Terzo settore (RUNTS), abbiamo uno strumento essenziale per dare ordine e certezza a tutto questo mondo, alle istituzioni che lo debbono favorire e sostenere, ai volontari e ai donatori che decidono di mettere a disposizione tempo, capacita e risorse finanziare per delle attività di interesse generale volte a realizzare le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale che caratterizzano gli ETS. Trasparenza, controllo e rendicontabilità sono l’altra faccia della medaglia di un trattamento fiscale più favorevole, dell’accesso al 5 per 1000 per tutti gli ETS iscritti al RUNTS, dell’utilizzo di fondi destinati a sostenere progetti innovativi. 

L’altro passaggio importante è avvenuto con la sentenza della Corte Costituzionale n.231 del giugno scorso. Un sentenza che legittima gli istituti della “amministrazione condivisa” individuati negli art.55 e 56 del CTS, come strumenti applicativi della sussidiarietà orizzontale. è come se la Corte avesse confermato che lo Stato non è più il solo titolare del bene comune, ma può avvalersi di “partner di progetto” per dare risposta ai molteplici bisogni emergenti. La sentenza orienta  le Amministrazioni a dar vita a forme di coprogrammazione e coprogettazione in particolare nella fornitura di servizi sociali, invece che rifugiarsi nel Codice degli appalti, privilegiando con gli ETS la via della collaborazione anziché della competizione. 

In questo come in altri articoli del CTS, è possibile rintracciare non solo un intento regolatorio da parte del legislatore ;ma una genuina spinta promozionale volta a favorire sia nuove forme di collaborazione con le Amministrazioni pubbliche ma anche a non ostacolare processi di contaminazione con le imprese profit. Il trattamento fiscale maggiormente vantaggioso per le donazioni, l’incremento del fondo per il 5 per 1000; l’introduzione – in analogia con “l’art bonus”- del “social bonus”; l’individuazione di forme di risparmio fiscalmente vantaggiose se orientate a investimenti degli ETS, altro non sono che strumenti promozionali per orientare le imprese  profit ad esercitare in forma sostanziale la loro responsabilità sociale. In conclusione cosa resta fare? Certamente procedere con passo più spedito nella emanazione  dei provvedimenti amministrativi ancora mancanti. Ma, in via prioritaria, mettere a mano a due azioni che potrebbero rivelarsi decisive per una piena ed efficace applicazione della riforma. In primo luogo, in occasione della legge di bilancio, si provveda a delineare un ristretto ma qualificato pacchetto di norme, per superare alcune contraddizioni o carenze che sono emerse strada facendo, specialmente in campo fiscale. In secondo luogo, analogamente a quanto ha deciso la Commissione Europea, si dia vita ad un Action plan for Social Economy, in modo da fornire il nostro originale contributo in sede europea ; ma altresì orientare con precise priorità l’utilizzo delle diverse risorse, anche straordinarie, che la UE ha messo a disposizione in questi mesi e per i prossimi sette anni. Il cantiere Terzo settore è in pieno fermento: le numerose difficolta non scoraggino un lavoro aperto al futuro.

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Il servizio civile per tutti è rimasto un diritto per pochi

Nell’anno nero del Servizio civile nazionale — il 2012 — Vita buttava il cuore oltre l’ostacolo e lanciava il Servizio civile universale. I ragazzi in servizio erano ormai ridotti al lumicino, ma, con un’intuizione rivelatasi poi feconda, il magazine del non profit italiano raccoglieva attorno alla proposta un numero elevato di adesioni e il sostegno di diverse parti politiche. Che significato veniva dato alla parola universale? Non veniva certo messa in discussione la volontarietà della scelta, ma come spiegava bene il fondatore di Vita Riccardo Bonacina, non deve più accadere che lo Stato italiano «dica ad un giovane che vuole impegnarsi per la sua comunità: no, tu no”!». E continuava: «Certo ci vuole un po’ di coraggio per immaginarsi un po’ di futuro… Ma l’alternativa è la morte per irresponsabilità».

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Leggi il numero di Vita.it di ottobre 2020

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