Arturo Parisi: “Due ex Dc stanno riportando il Pd alla Livorno del 1921”

L’intervista di Eleonora Capelli a uno dei padri dell’Ulivo: “Questa costituente è un gran pasticcio, ma non posso disinteressarmene”, La Repubblica del 21 dicembre 2022

“Stanno riportando il Pd nella casa le cui fondamenta sono state messe a Livorno nel 1921, questa costituente è un gran pasticcio. Ma il partito è come un figlio: anche se tentato, non posso abbandonarlo alla sua sorte”. Arturo Parisiè davvero uno dei padri dell’Ulivo e del Pd. Prodiano, classe 1940, in gioventù dirigente di Azione Cattolica, è stato professore di sociologia, ha diretto il Cattaneo e fatto parte del Mulino. È stato in parlamento per 4 legislature e ha avuto il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio con il premier Romano Prodi. Oggi non può restare indifferente di fronte al disagio espresso dagli ex Popolari come Pierluigi Castagnetti, che minacciano di lasciare il partito. E così interviene nel  dibattito sulla crisi del centrosinistra che prosegue sulle pagine di Repubblica e sul nostro sito.

Parisi, come giudica l’attuale fase costituente del Pd, soprattutto in merito al fatto di rimettere in questione i valori di fondo, anche dopo le parole di Castagnetti sul disagio in cui si può trovare una parte dei fondatori?
“Già parlare di “costituente” per un partito che risulterebbe “costituito” oramai da quindici anni definisce il problema che l’iniziativa perseguita da Letta ha aperto al Pd. Valori di fondo, manifesto, sono infatti parole che trovano il loro senso, o invece non ne hanno alcuno, se si ricorda che il cosiddetto Congresso in corso non è il Congresso del Pd ma occasione per la fondazione di un nuovo partito. Un partito figlio dell’unione del vecchio Pd e di Articolo Uno, il partito politico costituito cinque anni fa da D’Alema e Bersani e che ha come segretario Speranza. Un nuovo partito figlio del ritrovamento, uso le parole che sento usare, di una “comunità” che allora si era divisa nei due diversi e, per qualche tempo, contrapposti partiti e che ora si ricongiunge. Detto questo, aggiungo che l’iniziativa di Letta è stata non solo approvata con atti formali dagli organi del Pd, ma acclamata all’unanimità come è uso consolidato del partito. E per ognuna di queste proposizioni aggiungo: purtroppo”.

Quindi secondo lei questo nuovo partito che sta nascendo in qualche modo si allontana dagli assunti originari del Pd?
“Fondato com’è sul ritrovarsi della “comunità” di quella sinistra che si sente originata a Livorno dalla secessione comunista dal Partito Socialista, il nuovo partito è l’antico partito che certo si apre a nuovi apporti come è capitato altre volte nella storia del comunismo italiano. Ma sulla porta della casa, al di là della targhetta, torna a leggersi un nome figlio di una storia con non poche pagine gloriose, ma una storia che la fondazione del Pd intendeva superare per aprire una storia nuova. Una storia nuova figlia di un nuovo inizio, non la continuazione di una passata, né la semplice somma di storie tra loro non solo diverse ma orgogliosamente contrapposte”.

Quindi per il Pd il tentativo di unire le due culture per una sintesi originale è fallito, secondo lei?
“Fallito? Chi avrebbe mai scommesso un centesimo sul fatto che a promuovere un nuovo partito nel quale potesse ritrovarsi la “comunità” della antica sinistra sarebbero stati due democristiani come Letta e Franceschini, con l’apporto, almeno ma non solo a Bologna, di un democristiano orgoglioso come Casini? Certo una cosa è comporre gli organigrammi sommando le componenti. Tutta un’altra sommare le cosiddette culture. Ed è soprattutto un’altra farlo tra la gente, combinandole e aprendole agli apporti crescenti che non hanno mai avuto niente a che fare con nessuna delle due componenti. Se il Pd è fallito, aggrappato all’ottimismo della volontà aggiungo, finora, è stato proprio perché a chi immaginava un partito figlio di una sola storia, si sono affiancati quelli che hanno pensato di risolvere il problema raccontandolo come figlio della somma di due componenti figlie di storie diverse. Messo così, invece di migliorare, il problema si è aggravato. Non è aggiungendo sui muri delle vecchie sezioni tra le gallerie dei ritratti il volto dolente di Moro che si risolve il problema. E neppure evocando Zaccagnini tra i giusti assieme a Berlinguer si garantisce la giustezza del partito”.

Vuol dire che tre democristiani stanno riportando la sinistra a Livorno, cioè al 1921 quando è nato il partito comunista?
“Lasciamo da parte il mitico Casini che si è solo accodato alla fine. E diciamo meglio: stanno riportando il Pd nella casa le cui fondamenta sono state messe a Livorno. Non è peraltro una idea originale”.

Cosa pensa del comitato degli 87 o forse degli 85, visti i primi addii?
“Quello che ho detto. Mi sembra un gran pasticcio. A meno che lo si riconosca come il “comitato costituente” di un nuovo partito, chiamato come minimo a correggere una partenza sbagliata, e per questo motivo guidato come “garanti” alla pari da Letta e Speranza, segretari dei due partiti promotori. Non è un caso che Zanda abbia giustificato le sue dimissioni proprio col fatto di “non aver condiviso la scelta di chiamare costituente quella commissione di lavoro in cui era stato inserito”.

Lei a questo punto non si sente più rappresentato dal partito?
“Io penso che i partiti, nella misura in cui sono democratici, non sono nostri padri, ma nostri figli. Soprattutto chi ha la responsabilità di aver contribuito a metterli al mondo, anche se tentato dall’abbandonarli ad un destino che sembra fatale, non può disinteressarsi della loro sorte”.

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Pd, Delrio: “Governo stanco, il Parlamento lo aiuti. Il proporzionale è utile”

L’ex ministro: “L’esecutivo si è fermato in attesa del voto per il Quirinale. Ora il tempo non va sprecato. Seguiamo l’agenda Mattarella”

ROMA — “In questi mesi il governo è apparso un po’ stanco, un po’ fermo, forse in attesa dell’appuntamento del Quirinale. Un atteggiamento anche legittimo. Ma ora il tempo non va sprecato”. Per Graziano Delrio, ex ministro ed ex capogruppo del Pd, deputato dell’area cattolico-democratica, un occhio al cronometro, alla scadenza della legislatura, dovrebbe tenerlo anche il Parlamento. Non per interessi di bottega. “La politica si innamora del quotidiano, c’è il rischio che l’appello di Mattarella finisca nel dimenticatoio, mentre i partiti si guardano l’ombelico e fanno campagna elettorale. Invece l’agenda del presidente deve spingere tutti a volare alto: lotta alle diseguaglianze, alle sofferenze del precariato, alle discriminazioni, più sicurezza sui luoghi di lavoro. Per questo ci siamo mossi come Pd”.
Giovedì in Parlamento 55 applausi per Mattarella. Ha notato, oltre all’orgoglio per la difesa della rappresentanza parlamentare, anche un filo di ipocrisia da parte delle Camere, che su tanti temi sono state finora assenti o in ritardo?
“Sinceramente no. Mi sembra che gli applausi abbiano voluto ribadire la convinzione di essersi affidati alla guida saggia di Mattarella. E il Parlamento per la rielezione è stato decisivo. Era un riconoscimento, non ipocrita. Ma perché quell’applauso sia sincero fino in fondo serve un’iniziativa vera. Non perdere tempo in una campagna elettorale permanente, ma realizzare gli obiettivi che servono al Paese”.
Quali sono le priorità del Pd?
“La priorità è il lavoro. Oltre allo sforzo del governo sul Pnrr, mi aspetto una svolta decisa per ridurre le diseguaglianze e la precarietà. Il Pd ha messo in agenda già dal 2018 il salario minimo. Un altro punto era la parità salariale uomo-donna e l’assegno unico per le famiglie, per incidere sulla crisi demografica. Il congedo parentale per i papà va portato da 7 giorni a 3 mesi. È fondamentale continuare a ridurre il cuneo fiscale sul lavoro, spostando il carico sulla rendita finanziaria. Va rivisto il sistema dell’alternanza scuola-lavoro. Oggi si fanno solo stage, sottopagati, e poca formazione. C’è naturalmente la riforma della giustizia. Nessuno però deve piantare bandierine”.

L’attivismo di un Parlamento così frammentato può danneggiare il ritmo di marcia del governo?
“Il rischio c’è. Ma dobbiamo evitarlo, è il tempo del coraggio per le forze politiche. La parola dignità pronunciata più volte dal presidente Mattarella va messa ora davanti alla politica. Il Parlamento non avrebbe scusanti se indugiasse in questo momento”.

Grandi manovre al Centro. Brunetta ieri su questo giornale ha parlato di “bipolarismo bastardo”. È finito, dunque, il bipolarismo?
“Per me no. Il progetto del Centro di cui sento parlare è già vecchio, questa società chiede programmi chiari e alleanze per raggiungerli. Non si deve tornare al proporzionale per avere partiti che possono fare indifferentemente scelte di un tipo o dell’altro. Il Pd, per intenderci, non farà mai l’alleanza con chi propone la flat tax. Poi come democratici dobbiamo avere l’ambizione di rappresentare tutti gli strati sociali, dai precari all’imprenditore che vuole pagare meno tasse sul lavoro per i dipendenti. Non deleghiamo ad altri la rappresentanza della società, nemmeno del Centro”.

Renzi è ancora un alleato del Pd?
“Bersani, Renzi e Calenda sono tutte persone uscite dal Pd. Sarebbe un errore pensare che non ci siano prospettive di alleanza con loro. È un filo che non va rotto”.

Il Pd però discute sul proporzionale.
“Il proporzionale è utile per gli equilibri istituzionali e se si ritrova un rapporto diretto elettore-eletto, ma mi auguro che venga conservato uno spirito maggioritario. Nel senso di proporre e realizzare obiettivi con alleanze chiare davanti agli elettori”.

A proposito di alleanze. Lo scontro Conte-Di Maio indebolisce l’asse Pd-M5S?
“Noi non siamo sugli spalti a fare il tifo per qualcuno, ma in un partito maturo la democrazia interna è fondamentale. Quindi difendiamo sempre i dibattiti, rispettiamo i percorsi. Mi pare che la loro discussione non metta in dubbio, almeno spero, l’alleanza con noi. Riguarda altro. E la nostra convergenza con il M5S è sui temi, l’idea di una società che abbraccia l’ecologia integrale, cioè ambientale, sociale ed economica. Certo, abbiamo interesse ad avere al nostro fianco un alleato forte”.

Ci sono margini per approvare lo Ius Soli entro fine legislatura? Il Pd ci proverà?
“Sì, il nostro desiderio c’è. E in Parlamento ci sono diversi progetti di riforma. Ma non dobbiamo essere ipocriti: non è un’operazione facilissima. Sono convinto però che quando si allargano i diritti, per la società sia sempre un guadagno”.

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Delrio: “Se Berlusconi si ritira fa un favore al Paese, senza un accordo largo cadrebbe il governo”

L’ex ministro del Pd: «Se si rompe la maggioranza è difficile che un attimo dopo si possa far finta di nulla e lavorare uniti. Mattarella? Merita rispetto e va tenuto fuori dal tritacarne del toto-nomi. Draghi? Gode di un grande prestigio, non possiamo fare a meno di lui»

«Bisogna portare il massimo rispetto a Sergio Mattarella e alle sue scelte, per questo va tenuto fuori dal tritacarne delle polemiche e del toto-nomi». Si sa quanto Graziano Delrio, figura di punta dell’anima cattolico-democratica del Pd, sia animato da stima e amicizia per il capo dello Stato uscente. Quindi il suo appello a lasciarlo fuori dalla contesa, malgrado i 5stelle e molti nel Pd lo tirino in ballo, acquista un significato maggiore. Tanto più in un momento in cui tra i dem affiora il sospetto che la presunta preferenza di Silvio Berlusconi per Mattarella e non per Draghi sia solo fumo negli occhi contro il premier. Detto questo, «se è vero che Berlusconi medita il passo indietro, ciò potrebbe rasserenare il clima e potremmo cominciare a discutere per trovare una figura di alto spessore e di indiscutibile credibilità sul piano internazionale».

Identikit che calza a pennello su Draghi, o no?

«Anche lui non va tirato per la giacca, ma indubbiamente gode di un prestigio indiscutibile. E proprio per tutelare la sua figura, di cui l’Italia non si può privare in questo momento, va ascoltato il suo appello a non eleggere un presidente con una maggioranza più stretta di quella che sostiene il suo governo, che altrimenti dopo rischierebbe molto».

Non ci sono tante figure eleggibili oggi con una maggioranza così larga. Infatti il patto di legislatura di Letta acquista senso con Draghi al Colle, giusto?

«Ha un senso in generale, perché nelle ultime settimane lo stato di agitazione dei partiti e di conflittualità era aumentato pericolosamente e il premier è entrato spesso nel mirino di polemiche, quanto mai successo prima. E quindi il patto di legislatura ha senso – a prescindere da Draghi a Chigi o al Colle – per mettere in sicurezza il Paese, per spendere i soldi del Pnrr e per riuscire ad arrivare a elezioni in un clima di sana competizione civile e non di macerie».

Finora però state solo litigando. Si accavallano voci di una rinuncia di Berlusconi, lei ci spera o pensa sia un modo per continuare l’operazione di reclutamento?

«Io credo sia molto chiaro che nessuno abbia diritto di esprimere candidature: siamo una somma di minoranze, anche i 5stelle hanno perso 110 parlamentari dal 2018. Pertanto, non ci può essere altro che un accordo, che non solo tenga presente il patto di legislatura, ma pure l’obiettivo di fornire al Paese la persona con il profilo più alto, condiviso e autorevole, perché non ci dimentichiamo che il presidente della Repubblica da 30 anni è il vero fattore di stabilità del sistema».

Dovrebbe avere una centralità meno esorbitante per rispettare il dettato costituzionale?

«Non dico questo, noto che dalla crisi dei partiti del 1992, Scalfaro fu elemento stabilizzante, poi ci fu Ciampi, chiamato a ripristinare la credibilità internazionale del Paese scosso dalla crisi economica, poi Napolitano, convinto europeista, che ha tenuto la barra con la speculazione finanziaria contro l’Italia. E poi Mattarella, una barriera contro la deriva populista. Quindi attenzione, l’elezione del Presidente è l’operazione più alta e solenne della politica».

Quindi sbaglia Berlusconi a considerarsi candidato naturale?

«Il Quirinale non è un premio alla carriera. Mai nella nostra storia un capo partito è diventato Presidente, perché il Presidente è il garante dell’unità nazionale. E se Berlusconi desse la disponibilità a scegliere insieme un nome condiviso farebbe un servizio al Paese».

Pare che abbia una preferenza per Mattarella piuttosto che per Draghi, forse preferisce lasciarlo a Palazzo Chigi come la maggioranza del Pd...

«Beh la richiesta di continuità del governo è giustificata, ma questa continuità serve con o senza Draghi, anche se lui salisse al Colle. Il problema è un altro: se si rompe la maggioranza per l’elezione del presidente, è molto difficile che un attimo dopo si possa far finta di nulla e continuare. Lo ha detto lo stesso premier, senza un accordo largo, valuterebbe la sua permanenza al governo, nel tritacarne di una campagna elettorale permanente».

Voi finora state giocando di rimessa, confermando coi fatti quello che a parole negate, ovvero che spetti alla destra il ruolo di kingmaker. Perché non lanciate per primi voi Draghi?

«Noi abbiamo bisogno che ci sia uno scatto di responsabilità e rasserenamento del clima e che poi attorno a un tavolo si trovi un accordo. Abbiamo tante figure autorevolissime, a partire da Draghi, che essendo un punto di riferimento internazionale, non va spinto nel toto-nomi: la questione di Berlusconi prima va consumata, questo ci spinge alla prudenza».

E se poi Berlusconi per caso ce la facesse, non sareste criticati per eccessiva inazione?

«Credo che Berlusconi sia il primo a capire che i numeri per fare forzature non ci sono e che non c’è margine per un muro contro muro. Salvini deve prendere atto che il problema dei numeri non è superabile con le velleità di imporre candidati di coalizione».

Un’ultima cosa: la destra spinge per far votare tutti, anche i grandi elettori positivi. Concorda?

«Sì, bisogna trovare tutte le soluzioni possibili, ci sono difficoltà ma spingiamo affinché si trovino forme che possano garantire la più alta partecipazione. Capisco le difficoltà tecniche e dei regolamenti, ma questo voto è troppo importante».

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PD: al via la campagna “Insieme per il popolo afgano”

Al via la campagna “Insieme per il popolo afgano”. Dona per sostenere chi rimane. Per accogliere chi fugge. Per le #ONG in prima linea nel Paese e per i Comuni che gestiranno qui da noi l’accoglienza. Gli esponenti PD lo faranno per primi bit.ly/3D07WsI #Afghanistan

Il Partito Democratico mette a disposizione la propria organizzazione per una sottoscrizione straordinaria finalizzata a:

1. Sostenere chi lavora in Afghanistan da anni. Oltre ad EMERGENCY e CROCE ROSSA ITALIANA, PANGEA ONLUS, WOMEN FOR WOMEN INTERNATIONAL, NOVE ONLUS. Queste Associazioni saranno destinatarie delle donazioni raccolte.

2. Sostenere l’accoglienza dei profughi che arriveranno in Italia e che, attraverso i Comuni e il volontariato, saranno accompagnati in un percorso di inserimento. Anche l’ANCI – l’Associazione nazionale dei Comuni italiani – sarà destinataria delle risorse raccolte, che verranno poi distribuite alle singole amministrazioni coinvolte.

Attraverso la nostra comunità vogliamo, infine, fornire un supporto concreto alle donne e alle loro famiglie che arriveranno dall’Afghanistan.

A tal fine, chiunque ne abbia la volontà, può comunicarci la propria disponibilità per:

* l’accoglienza di donne o famiglie, offrendo sin d’ora un sostegno economico e morale per un periodo determinato;

* l’accompagnamento per il disbrigo di pratiche varie (anagrafe, scuola, università);

* l’insegnamento della lingua italiana;

* l’assistenza medica;

* la formazione e l’inserimento anche in piccoli contesti lavorativi.

Per farlo è sufficiente scrivere a info@ledonnexledonne.org indicando, oltre al nome e al cognome, comune di residenza, indirizzo email, numero di telefono e tipo di disponibilità da offrire.

 

Luigi BobbaPD: al via la campagna “Insieme per il popolo afgano”
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PD Vercelli Valsesia: “Afghanistan, gesti simbolici e proposte concrete di aiuto”

Comunicato Stampa
Afghanistan, gesti simbolici e proposte concrete di aiuto
 
Abbiamo letto dell’iniziativa lanciata dall’On. Tiramani che invita i sindaci italiani ed europei a esporre bandiere a mezz’asta “come simbolo del dolore per il destino che attende il popolo afghano dopo la presa di potere da parte dei Talebani”. Oltre ai gesti simbolici, pur condivisibili, serve tuttavia dimostrare accoglienza e generosità per sostenere iniziative di aiuto concrete alla popolazione afghana.
Siamo rimasti impressionati dalle immagini drammatiche della caduta di Kabul, dopo il precipitoso ritiro delle truppe internazionali. Quasi vent’anni dopo l’intervento militare statunitense e NATO del 2001 l’esercito regolare e il sistema istituzionale afghano è imploso, lasciando campo libero all’avanza dei Talebani. Inutile ricordare che, per un paese in “guerra” (civile e non) sostanzialmente dal 1979, questa è l’ennesima pagina di un dramma senza fine che ha convinto più di 2.6 milioni di afghani a cercare rifugio all’estero.
In questo momento sentiamo tutti un senso di impotenza. Bisogna quindi mettere in campo proposte di aiuto concrete. A livello europeo, i nostri parlamentari hanno richiesto la convocazione di un Consiglio europeo straordinario e l’apertura immediata di canali e corridoi umanitari per tutti coloro che intendono fuggire dall’Afghanistan, con particolare priorità per donne e minori, le categorie più a rischio nel quasi inevitabile processo di restaurazione di un “emirato islamico” radicale.
A livello nazionale, ANCI ha scritto al Viminale dicendosi disponibile ad ampliare la capacità di accoglienza diffusa della rete Sai (Sistema di accoglienza ed integrazione) già presente nei nostri territori per accogliere e inserire le famiglie che rientrano nel programma di protezione definito dal Governo del personale civile afghano collaboratore del contingente militare nazionale.
Diversi comuni hanno già manifestato la loro disponibilità ad accogliere queste famiglie, secondo un modello che, discusso e definito in un quadro europeo, potrebbe anche essere esteso ad altri rifugiati afghani. Speriamo che anche su questa iniziativa possa crearsi quell’ “impegno trasversale, che travalichi le appartenenze politiche” auspicato dall’On. Tiramani per l’iniziativa di esporre bandiere a mezz’asta in segno di vicinanza. Perché di fronte a questo dramma i gesti simbolici, se non seguiti da iniziative reali di aiuto, risulterebbero privi di senso e significato, e non solo per la popolazione afghana.
 
Michele Gaietta
Segretario Provinciale PD Vercelli Valsesia
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Luigi Bobba relatore all’evento di PD Verona “Il Terzo settore: a che punto siamo?”, 10 dicembre ore 18

Giovedì 10 dicembre alle ore 18, Luigi Bobba, presidente Terzjus, è relatore all’evento sul canale YouTube di PD Verona “Il Terzo settore: a che punto siamo?”

segui l’evento a questo link https://youtu.be/7eu_d_zWwTY

 

Luigi BobbaLuigi Bobba relatore all’evento di PD Verona “Il Terzo settore: a che punto siamo?”, 10 dicembre ore 18
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VISTO DAL PD/ Delrio: c’è in giro troppo Stato, più libertà a famiglie e imprese

Graziano Delrio (Pd) conferma la bontà del patto con M5s ma vede troppo Stato nell’azione del governo. “Faremo le riforme”

Graziano Delrio, capogruppo del Pd alla Camera, conferma la bontà del patto con M5s – “abbiamo fermato chi invocava i pieni poteri e aveva isolato l’Italia in Europa” – ma chiede che diventi più forte e avverte Conte e i 5 Stelle: “lo Stato può e deve fare di più, ma non deve fare tutto. Non può diventare Stato-padrone”. Oggi Delrio sarà al Meeting di Rimini per partecipare all’incontro organizzato dall’Intergrupppo parlamentare per la sussidiarietà sul tema “Il parlamento serve ancora?”.
Luigi BobbaVISTO DAL PD/ Delrio: c’è in giro troppo Stato, più libertà a famiglie e imprese
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Gori: “Ma al Pd interessa o no rappresentare i ceti produttivi?”

“Invece di rappresentare i ceti produttivi siamo attestati solo sulla difesa di pensionati e dipendenti pubblici”. Ma al Pd interessa il nord?

leggi l’intervento di Giorgio Gori su Il Foglio del 12 agosto 2020

 

 

Luigi BobbaGori: “Ma al Pd interessa o no rappresentare i ceti produttivi?”
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“Il Governo spegne la vita spirituale”. Intervista ad Andrea Riccardi

Il fondatore della Comunità di Sant’Egidio all’Huffpost: “La Chiesa non è un servizio essenziale per i tecnici, ma qui è in gioco la vita della comunità cristiana. Conte non ha voluto prendere una decisione politica, ma anche il Pd dov’era?”

leggi l’intervista ad Andrea Riccardi su Huffington Post del 27 Aprile 2020

Luigi Bobba“Il Governo spegne la vita spirituale”. Intervista ad Andrea Riccardi
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Pd Vercelli-Valsesia: “Emergenza Covid-19”

Carissima, Carissimo,

Sono giorni difficili. La velocità con cui abbiamo dovuto cambiare i nostri comportamenti e le nostre abitudini ci ha sconvolto. Ancor di più ci ha lasciato senza parole la drammatica scomparsa di persone a noi più o meno vicine. Il fatto che siano andate via insieme, in un momento in cui facciamo fatica sostenere l’enorme quantità di notizie e informazioni drammatiche che provengono dai media, ci fa sentire ancora più tristi e impotenti.

Le guerre, le crisi economico-finanziarie, i grandi incidenti sono in qualche modo risultato di una degenerazione delle relazioni e delle strutture politico-sociali create dagli uomini, che pur nella loro estrema complessità, rimangono in ultima istanza arbitri del loro destino. Questa, però, è una sfida diversa, che ha colto l’intera umanità impreparata.

Negli ultimi decenni, le grandi calamità naturali ci hanno ricordato l’impotenza dell’uomo rispetto a dinamiche più grandi di lui. Questa pandemia ha colpito, allo stesso momento, tutta l’umanità, con grande intensità e velocità.

La consapevolezza dell’eccezionalità di questa situazione deve responsabilizzare ogni ognuno di noi nel contenere l’enorme impatto del virus sulle strutture sanitarie, economiche e sociali.
La stessa consapevolezza deve sostenere l’azione dei differenti livelli di governo per proteggere la capacità di spesa dei cittadini, aiutare le fasce più fragili della popolazione e fare di tutto per evitare che si perdano posti di lavoro e con essi un patrimonio di professioni, commercio e imprenditoria che permetterà al nostro Paese di tornare a crescere.

Il contagio ha inevitabilmente interessato anche la Provincia di Vercelli. I nostri concittadini si sono dimostrati all’altezza della sfida. Infatti, con grande saggezza e senso civico stanno rispettando le disposizioni impartite dal Governo per ridurre la trasmissione del virus.

Anche questa volta, il nostro Partito è in prima linea, in particolare a livello nazionale, per aiutare il Paese a superare questo momento drammatico. Sarà un’impresa titanica. La nostra comunità politica deve mettere in campo tutto il meglio che ha a disposizione.
Per quanto riguarda la nostra Provincia ho deciso di istituire, temporaneamente, un coordinamento politico che affronti l’emergenza. Le questioni sanitarie, in questa fase le più critiche, vedranno come nostro referente Gabriele Bagnasco.

Stiamo pensando a come poter essere d’aiuto per i nostri iscritti e non solo. Per prima cosa vogliamo fornire informazioni potenzialmente utili. Queste, verranno caricate sulla pagina Facebook del PD Vercelli-Valsesia, così da essere liberamente consultabili. Vogliamo inoltre provare a raccogliere eventuali segnalazioni di problematiche da parte di iscritti, simpatizzanti e cittadini (da inviare a questo indirizzo email p.democratico.vercelli@gmail.com) per poi eventualmente girarle a livelli amministrativi di competenza. Lo faremo, come in parte stiamo già facendo, senza la preoccupazione di doverci ritagliare spazi su media e giornali locali, ma con l’unico intento di offrire un servizio di interesse generale.

Sperando che stiate tutti bene, vi mando un caro saluto, forza e coraggio.

Michele Gaietta.

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