Luigi Bobba: “Nel Trattato Italia-Francia il Servizio civile”

Sono felice che il seme gettato più di cinque anni orsono – e rimasto infruttuoso per le alterne vicende politiche dei governi di Italia e Francia – abbia trovato piena e più autorevole consacrazione in un vero e proprio trattato di rafforzamento della collaborazione tra i due Paesi

“Nel quadro del Servizio civile universale italiano e del servizio civile francese e sulla base di una cooperazione tra le agenzie e gli enti governativi incaricati della gestione dei due programmi e delle opportunita’ di mobilita’ giovanile, le Parti istituiscono un programma di volontariato italo-francese intitolato servizio civile italofrancese. Esse esaminano la possibilita’ di collegare questo programma al Corpo europeo di solidarieta’”.

È quanto si legge all’art.9 del “Trattato per una cooperazione bilaterale rafforzata tra Italia e Francia firmato oggi al Quirinale. Parole che rievocano chiaramente la dichiarazione di intenti – siglata dal sottosegretario Sandro Gozi e dal sottoscritto, in quanto titolare della delega sul Servizio civile durante il Governo Renzi, – nel corso dell’incontro bilaterale tra i due governi tenutosi a Venezia l’8 marzo del 2016. I due Paesi – recitava la dichiarazione di intenti del 2016 – “favoriscono il rafforzamento della loro collaborazione nel settore del servizio civile” e a tal fine “intendono sviluppare un progetto pilota sperimentale per la mobilita’ dei giovani nel quadro del Servizio civile, basato sui valori di liberta’ e democrazia negli ambiti della solidarieta’, del sostegno ai rifugiati…..”. Il documento ipotizzava che il progetto coinvolgesse 100 giovani volontari – 50 per ciascuno dei paesi – in modo da realizzare un esperimento di servizio civile bi-nazionale come primo passo verso una sorta di Erasmus del Servizio civile.

Sono felice che il seme gettato piu’ di cinque anni orsono – e rimasto infruttuoso per le alterne vicende politiche dei governi di Italia e Francia – abbia trovato piena e piu’ autorevole consacrazione in un vero e proprio trattato di rafforzamento della collaborazione tra i due Paesi. Allora si era fatto fatto un lungo lavoro di preparazione con il Ministro per le citta’, la gioventu’ e lo Sport del governo francese, Patrick Kanner ; e quel lavoro – rimasto incompiuto – ha ispirato sicuramente la scrittura dell’art. 9 del Trattato firmato oggi al Quirinale.

Va pure osservato che l’auspico di un Erasmus del servizio civile – evocato nel 2016 -si e’ poi tradotto, almeno come primo passo, nel Corpo europeo di solidarietà , viene opportunamente richiamato nell’odierno trattato, come la cornice entro cui inquadrare questo “servizio civile italofrancese”. La sfida ora sta nel far seguire alle parole anche i fatti e, in tale prospettiva, una quota delle risorse aggiuntive del PNRR – 600 milioni per il servizio civile – potrebbero essere indirizzate a tale scopo. Sara’ altresi importante, – come gia’ si scriveva nel 2016 – che tale originale esperienza sia accessibile proprio per i giovani meno favoriti e che diventi effettivamente uno strumento per promuovere e rafforzare tra le nuove generazioni sia la coscienza europea sia la inderogabile necessita’ di costruire non muri ma ponti.

articolo di Luigi Bobba su Vita.it del 26 Novembre 2021

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Gli ultimi, la giustizia e il contrasto alla povertà nell’emergenza Covid-19

XI FESTIVAL DSC

AUDACI NELLA SPERANZA CREATIVI CON CORAGGIO

25-28 novembre 2021 PalaExpo Veronafiere – Verona

27 novembre ore 17

ore 17:00 Gli ultimi, la giustizia e il contrasto alla povertà nell’ emergenza Covid-19

Sala Azzurra

Introduce e coordina Riccardo Bonacina, giornalista
Saluta Cristian Rosteghin, portavoce Alleanza contro la povertà del Veneto

Discutono:

Stefano Zamagni, Presidente Pontificia Accademia della Scienze Sociali
Gianmario Gazzi, presidente Cnoas
Don Marco Pagniello, responsabile Uff. Politiche sociali Caritas italiana
Roberto Rossini, portavoce nazionale dell’Alleanza contro la povertà
Gigi Bobba, presidente Terzjus

Conclude Martino Troncatti, presidente Acli Lombardia

 

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Scuola-lavoro, i sei grandi nodi che frenano la ripresa del Paese

Pesano abbandono precoce degli studi, pochi laureati nelle materie scientifiche, disoccupazione, smantellamento del rapporto istruzione-lavoro, apprendistato e riforma degli Its

C’è un Paese che sta crescendo, spinto dalla manifattura. Ma se non si affrontano subito nodi e ritardi storici del rapporto scuola-lavoro si rischia una brusca frenata a danno di tutti, giovani in testa, non solo del mondo produttivo. Il perché è presto detto.

leggi l’articolo su Il Sole 24 Ore del 24 novembre 2021

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Una nuova grammatica della formazione tra studio e pratica

Assistiamo, complice la ripresa economica, a un crescente divario fra domanda e offerta di lavoro. Imprese che necessitano di manodopera specializzata per le nuove mansioni create dalle innovazioni tecnologiche, ma anche per quelle legate ai lavori più tradizionali. Tale fenomeno è generato anche dalle tecnologie digitali la cui velocità di cambiamento brucia rapidamente le conoscenze tecniche acquisite, rendendo obsoleti profili professionali e competenze acquisite. Di più, esse generano schemi cognitivi nuovi, molto diversi dai precedenti, mutando radicalmente non solo il modo di operare, ma anche quello di apprendere. (continua)

leggi l’articolo su Il Sole 24 Ore del 25 novembre 2021

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Il Sole24 Ore: il 29 evento di chiusura “Global Inclusion” con Messa, Bonino e Zamagni

IL SOLE 24 ORE: IL 29 EVENTO DI CHIUSURA “GLOBAL INCLUSION” CON MESSA, BONINO E ZAMAGNI

(Il Sole 24 Ore Radiocor Plus) – Milano, 25 nov – Lunedi’ 29 novembre alle ore 15 si svolgera’ l’evento conclusivo della terza stagione di ‘Global Inclusion 2021’, promosso dal Comitato Global Inclusion – art. 3 e da Il Sole 24 Ore in collaborazione con l’Associazione Italiana per la Direzione del Personale con l’obiettivo di superare pregiudizi e stereotipi, innovando la cultura della societa’ italiana a partire dai luoghi di lavoro: un progetto che ha riscosso apprezzamenti anche a livello istituzionale, con l’assegnazione da parte del Presidente Sergio Mattarella della Medaglia del Presidente della Repubblica per questo evento finale. I lavori, che saranno centrati sul tema ‘Inclusione e innovazione: un nuovo modello di leadership per la ripresa’, saranno trasmessi dalle Gallerie d’Italia di Intesa Sanpaolo a Milano, Napoli e Vicenza, correlando espressione artistica e inclusivita’ secondo un’ottica di innovazione, e potranno essere seguiti in diretta streaming su IlSole24Ore.com, sul canale YouTube di Global Inclusion e con supporto LIS.

All’evento interverranno tra gli altri Maria Cristina Messa, Ministra dell’Universita’ e della Ricerca, Emma Bonino e Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, insieme a protagoniste e protagonisti della stagione, che, articolata in workshop verticali, laboratori di intelligenza collettiva, inclusion-thon, iniziative editoriali, ha coinvolto 200 imprese italiane mobilitate da TIM.

Nel corso dell’incontro verra’ puntata l’attenzione sul ruolo giocato dalle aziende nella stagione dell’inclusione, sull’orizzonte dell’equita’ a livello nazionale e internazionale, sulle modalita’ di promozione di un modello di leadership inclusiva e sulla relazione tra innovazione e inclusione.

All’evento parteciperanno Carlo Albini, Responsabile Innovability, People & Organization Enel, Paola Angeletti (Chief Operating Officer Intesa Sanpaolo), Chiara Antonioletti (P&O Manager & Head of Industrial Relations Novartis), Jacopo Benedetti, Comitato Global Inclusion art. 3, Luigi Bobba (Presidente del Comitato Global Inclusion-art. 3), Alessia Coeli (Resposabile area formazione ALTIS Universita’ Cattolica Milano), Zeno D’Agostino (Presidente Autorita’ di Sistema Portuale del Mare Adriatico Orientale – Porto di Trieste), Nicola Fedel (Presidente di Newton), Marco Hannappel (Amministratore Delegato Philip Morris), Aurelio Luglio, consulente, Matilde Marandola , (Presidente AIDP), Cristina Mussinelli (Segreteria Generale Fondazione LIA), Karen Nahum (Direttrice Generale Area Publishing&Digital del Gruppo 24 ORE), Stefania Papa (People&Purpose Manager Deloitte), Fabio Pompei (CEO Deloitte), Azzurra Rinaldi (Head of the School of Gender Economics La Sapienza di Roma), Rosy Russo (Presidente dell’Associazione Parole O_Stili), Fabrizio Rutschmann (Chief HR Officer Prysmian), Gabriele Segre (Vittorio Dan Segre Foundation), Federico Silvestri (Amministratore Delegato 24 ORE Eventi), Igor Suran (Executive Director Parks), Fabio Tamburini (Direttore Il Sole 24 Ore), Riccardo Taverna, consulente, Bassirou Zigani, Operatore Cartiera, e il Coro della Mani Bianche.

Durante l’evento saranno conferiti i riconoscimenti alle laureate e laureati che hanno scritto le migliori tesi di laurea sul diversity management, equity e inclusion. Hanno partecipato all’edizione 2021 laureate e laureati delle universita’ Bocconi, Cattolica, La Sapienza, L’Aquila, Padova, IULM, E-Campus, Perugia, Padova, Politecnico di Milano, Brescia, Venezia, Unitelma Sapenza e Bologna.

Main Partner dell’evento sono Deloitte, Philip Morris Italia, Intesa Sanpaolo, Prysmian Group, Novartis e Enel. Active Partner sono Tim, Coop e Hitachi, mentre Partner sono Coca-Cola HBC, Autostrade per l’Italia, Lexellent, Rina e Unipol. Content Partner dell’iniziativa sono Costa e Gruppo Pragma.

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DUAL R-EVOLUTION – Il sistema duale di domani: analisi e ooprtunità

Osnabrück Declaration – Endorsed on 30 November 2020

La dichiarazione di Osnabrück del 2020 ha riconosciuto ancora una volta che l’apprendistato e l’apprendimento sul posto di lavoro migliorano l’occupabilità dotando le persone di “conoscenze, abilità e competenze che sono rilevanti per il mercato del lavoro in continua evoluzione e offrono l’aggiornamento e la riqualificazione per l’inclusione e l’eccellenza”.

“Apprenticeships and work-based learning embedded in a real-life work environment improve employability.
Objective 1: Resilience and excellence through quality, inclusive, and flexible VET Reinforce work-based learning and apprenticeships by implementing the European Framework for Quality and Effective Apprenticeships and making use of the on-demand support services, and policy learning initiatives. Strengthen the use of quality and inclusive apprenticeships as a tool to support school/training-to-work transitions of vulnerable groups and to improve citizens’ qualification levels.”

Organizzazione

Questo evento, è organizzato da:

Fondazione per la Scuola – www.fondazionescuola.it
Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali – www.lavoro.gov.it
ENAIP NET – (Consorzio ENAIP Regionali) – il maggiore player di formazione professionale italiano – www.enaip.net
ENAIP NAZIONALE – www.enaip.it

con la collaborazione di Regione del Veneto e Regione Piemonte.

È inserito, quale evento istituzionale, all’interno del programma culturale di JOB&ORIENTA (25 al 27 novembre 2021 – Verona, Italia).

Con questo evento si vuole contribuire ad una riflessione sugli scenari futuri dell’esperienza Duale nella IeFP, traguardando le sfide delineate dall’Unione Europea in termini di sostenibilità per una IeFP che favorisca l’inclusività, le pari opportunità e gli apprendimenti e le competenze per una nuova cittadinanza digitale e armonica in relazione con l’ambiente.

DUAL R-EVOLUTION – IL SISTEMA DUALE DI DOMANI: ANALISI E OPPORTUNITÀ (ore 14.00-15.15)

Ore 14.05 Saluti istituzionali:

GIORGIO SBRISSA – Presidente ENAIP NET
LUDOVICO ALBERT – Presidente Fondazione per la Scuola
ELENA DONAZZAN – Assessore Istruzione, Formazione, Lavoro, Pari opportunità Regione del Veneto

PARTE 1

Relatori:

EMMANUELE CRISPOLTI – Coordinatore ricerca studio e analisi del Sistema Duale IeFP – INAPP
PIETRO TAGLIATESTA – Dirigente Direzione Generale degli Ammortizzatori Sociali e della Formazione Ministero del Lavoro
RAFFAELLA CROCE – Responsabile dell’area “Servizi per la transizione scuola-lavoro” ANPAL Servizi
ARTURO FAGGIO – Direttore Istruzione, Formazione, Lavoro Regione Piemonte
FRANCESCA GIOVANI – Responsabile del Coordinamento delle Regioni per Lavoro e Formazione Professionale e Direttore della Direzione Istruzione, Formazione, Ricerca e Lavoro Regione Toscana

Modera: GIORGIO SBRISSA – Presidente ENAIP Net

PARTE 2

LE PROPOSTE PER IL FUTURO DEL SISTEMA DUALE (ore 15.15 -16.30)

Relatori:

ANDREA ORLANDO* – Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali
LUIGI BOBBA – Presidente Terzius
MARIA RAFFAELLA CAPRIOGLIO – Presidente Umana Spa – Confindustria
CLAUDIO DI BERARDINO – Assessore Regione Lazio
ELENA DONAZZAN – Assessore Regione del Veneto
MARCO GRANELLI – Presidente Confartigianato
ALESSANDRA NARDINI – Assessore Regione Toscana
LUIGI SBARRA* – Segretario Generale CISL
PAOLA VACCHINA – Presidente Forma Nazionale

Modera: LUDOVICO ALBERT – Presidente Fondazione per la Scuola

(*in attesa di conferma)

 

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Luigi Bobba: Decisiva la collaborazione tra Ministero e Regioni

Luigi Bobba, Il Sole 24 Ore, Norme & Tributi, 10 novembre 2021, pag. 2

Con il debutto del RUNTS, al Ministero del Lavoro e delle politiche sociali spetterà un ruolo di primo piano nella fase di coordinamento e popolamento iniziale del Registro. Non a caso è proprio lo stesso Ministero a fissare sia le tempistiche e le modalità con cui si metterà in moto il processo di migrazione delle ODV e delle APS, sia il procedimento mediante cui l’Agenzia delle Entrate dovrà provvedere a pubblicare l’elenco degli enti attualmente iscritti nell’Anagrafe ONLUS.

Non a caso, il Codice del Terzo settore assegna al Ministero del Lavoro un compito determinante: quello di assicurare l’uniforme applicazione del “diritto del Terzo settore” esercitando una funzione di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico degli enti del Terzo settore (ETS). Per di più, tali funzioni non riguarderanno soltanto i sistemi di registrazione degli ETS e l’attività di promozione e controllo esercitata dalle Reti associative e dai Centri di servizio per il volontariato, ma anche il monitoraggio e il coordinamento delle attività attribuite agli uffici del RUNTS (artt. 92 e ss. CTS). In questo senso, l’attività del Ministero risponde all’esigenza di garantire la corretta osservanza della disciplina legislativa, statutaria e regolamentare degli ETS e si lega alla costante opera interpretativa delle norme del Codice, effettuata a partire dell’entrata in vigore del CTS nell’agosto 2017. Oltre a ciò, il Ministero interviene anche nella fase relativa ai controlli propedeutici all’accesso al RUNTS. Un’attività di verifica che non viene svolta solo con riguardo al possesso dei requisiti per gli enti iscritti presso l’Ufficio statale del RUNTS, ovvero le Reti associative del Terzo settore, ma con riferimento a tutti coloro che assumeranno la qualifica di ETS e che sarà tesa ad accertare il rispetto dei requisiti generali e speciali (es. per associazioni di promozione sociale e organizzazioni di volontariato).Per di più,in relazione all’accesso delle Reti associative al RUNTS, il Ministero sarà chiamato a vagliare i c.d. Statuti standard. Modelli che le Reti potranno mettere a disposizione degli enti ad essa aderenti, previa approvazione da parte del Ministero: una procedura che consentirà di accelerare le pratiche di iscrizione nel RUNTS degli stessi enti.

In questa fase di avvio del Registro, in ragione del carattere eterogeneo delle attuali modalità di registrazione (Registri regionali delle organizzazioni di volontariato; Registri Nazionali/regionali delle associazioni di promozione sociale e Anagrafe unica delle Onlus) nonché della mole di posizioni degli enti da trattare e verificare, sarà decisiva  la collaborazione e il coordinamento amministrativo tra il Ministero del Lavoro e le Regioni e le Province autonome. 

Dunque, l’avvio del RUNTS rappresenta uno snodo cruciale per rendere pienamente operativa una riforma che,fin dall’inizio, si è posta l’obiettivo di riordinare, uniformare e promuovere l’intero universo degli ETS. C’è da augurarsi che l’avvio del RUNTS, costituisca un forte stimolo a provvedere con sollecitudine all’invio da parte del Governo della notifica alla UE di alcune norme fiscali soggette al regime di autorizzazione comunitaria. In definitiva, il Registro e i nuovi regimi fiscali degli ETS sono essenziali per liberare tutte le potenzialità innovative della Riforma, ad oggi ancor in buona parte non utilizzate.

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Luigi Bobba: Tre sfide per il Terzo settore del futuro

TRE SFIDE PER IL TERZO SETTORE DEL FUTURO

di Luigi Bobba

Il Terzo settore si trova in una singolare temperie. Da un lato, è spinto a misurarsi con la nuova regolazione determinata dalla riforma del 2017 e a coglierne tutte le opportunità per innovare e trasformarsi, dall’altro, questo mutamento viene fortemente accelerato dalla ormai imminente messa in opera del PNRR, che si presenta come un’occasione imperdibile per mettere mano a questioni a lungo irrisolte, ma altresì per delineare quello che il Terzo settore e l’intero Paese vogliono diventare. E questi anni che ci separano dal 2026 – termine entro il quale i progetti e gli investimenti dovranno essere realizzati – sono il momento della prova più difficile. Ovvero, come far percepire la grandezza – e forse la nobiltà – della sfida di Next Generation EU al cittadino comune. 

Per il Terzo settore è un’occasione senza precedenti non tanto per occupare spazi, quanto per avviare processi, facendo innanzitutto leva sulla capacità di stare sulla frontiera della crescita inclusiva, di resistere nei territori interni come nelle periferie più abbandonate, di nuotare nella democrazia digitale senza lasciarsi irretire dal fascino degli algoritmi, ma continuando a credere e a praticare la democrazia partecipativa. Ecco, se dovessimo delineare il ruolo del Terzo settore nei prossimi anni potremmo racchiuderlo in queste tre immagini: vettore della crescita inclusiva, sentinella delle persone vulnerabili e dei luoghi dimenticati, attore non subalterno dello spazio pubblico nel tempo della democrazia digitale. Queste tre immagini individuano i processi da attivare per delineare una “transizione sociale”, ancora poco tematizzata, ma forse altrettanto decisiva rispetto alla transizione ecologica. Come nella transizione ecologica si tratta di ridurre il peso dell’impronta che noi umani lasciamo sul pianeta, di passare dalle energie fossili a quelle solari, e di utilizzare tecnologie sempre più soft. Così nella transizione sociale, la disponibilità dei beni essenziali per la vita non può non essere all’insegna dell’inclusività, ai processi di atomizzazione della vita quotidiana e alla crescente solitudine, bisogna rispondere con la ricostruzione dei legami comunitari, alla crescente invasività delle piattaforme informative, mediatiche e dell’entertainment, si deve anteporre la cura dei processi partecipativi e democratici e la promozione di una società aperta e plurale. 

L’affronto di queste sfide può altresì trovare un contesto di riferimento favorevole in quanto, entro la fine del 2021, sarà varato dalla Commissione Europea, per iniziativa del commissario Nicolas Schmit, un Social Economy Action Plan con l’obiettivo di migliorare gli investimenti sociali, supportare l’innovazione e creare occupazione. La scelta appare convincente, ma servono due condizioni per conseguire i risultati attesi. In primo luogo, per garantire la costruzione di un ecosistema adeguato e forte per lo sviluppo delle organizzazioni di terzo settore a livello europeo, occorre un più preciso perimetro concettuale che consenta di arrivare a una definizione giuridica comune. E poi, addivenire alla creazione di un sistema condiviso di misurazione dell’impatto sociale che venga universalmente accettato e applicato. Solo a queste due condizioni avremo una nuova fioritura di imprese sociali, la capacità di orientare le risorse comunitarie verso le organizzazioni in grado di dare risposte innovative ai bisogni più dimenticati e un riconoscimento del Terzo settore come attore sia dell’economia sociale, sia dello sviluppo dell’inclusione e della cittadinanza attiva. In sintesi, i tre processi prima descritti – accesso ai beni essenziali della vita, ricostruzione dei legami comunitari e cura dei processi partecipativi – possono essere letti come l’individuazione di un orizzonte dell’equità, ovvero una nuova prospettiva sia per le politiche economiche e del lavoro che per quelle sociali e sanitarie. 

La prima sfida per il Terzo settore sta nel come diventare un attore rilevante dell’economia sociale intesa non come segmento marginale, ma componente strutturale di una libera economia di mercato. Come riuscire a generare valore economico e insieme valore aggiunto sociale. Il percorso in questa direzione non si misurerà unicamente nella crescita del PIL prodotto e dell’occupazione generata, ma quanto questa originale forma di produzione di beni e servizi, sia in grado di contaminare le imprese profit. Ovvero quanto queste stesse imprese incorporeranno nella loro reputazione sociale indicatori del benessere che avranno generato per i loro collaboratori, per la comunità circostante e per l’ambiente naturale in cui operano. Tale prospettiva, a fronte di una finanziarizzazione sempre più spinta dei processi produttivi, potrebbe apparire un po’ irenica o del tutto irrealistica. Eppure dopo la crisi pandemica qualcosa si sta muovendo in tale direzione: dalla proposta di una carbon tax a una tassazione minima di base dei giganti multinazionali che estraggono profitto dai territori senza restituire quasi nulla. Oppure, su un piano più microsociale, si pensi al desiderio sempre più forte nelle generazioni giovani di utilizzare le proprie competenze e i propri saperi non unicamente e non principalmente per fulminee carriere e per accrescere il proprio reddito, bensì per realizzare i propri sogni, tra cui quello di svolgere attività professionalmente qualificate e allo stesso tempo socialmente orientate. Ne derivano un’opportunità e un rischio. Un’opportunità perché questo potenziale di persone motivate e preparate può essere un formidabile volano di innovazione; un rischio in quanto le imprese profit appaiono più veloci e capaci di assorbire e utilizzare i processi di digitalizzazione dell’economia. Si pensi alla sharing economy, che, a dispetto della parola, è diventata invece un territorio senza regole dove possono prosperare le forme più sottili e dure di sfruttamento del lavoro delle persone. Ma un’economia della condivisione non è invece l’orizzonte tipico delle imprese sociali, delle imprese non mosse in modo esclusivo dall’imperativo del profitto e del rendimento a breve termine? Ancora nelle grandi imprese evolute, c’è una crescente attenzione alle politiche della “diversity”, ovvero a criteri di gestione delle persone orientate a includere e valorizzare le molte diversità ormai presenti negli ambienti di lavoro (di genere, di razza, di religione, oltre alle molte forme della disabilità). Ora, le imprese sociali che sono state capaci di inventare forme di inserimento al lavoro per quei soggetti che presentavano disabilità e disagi di varia natura potrebbero diventare una piattaforma di expertise e di formazione delle imprese profit proprio per evitare di considerare un problema le differenze o le disabilità, valorizzandole invece in modo inclusivo. 

C’è una seconda sfida che interroga il Terzo settore: come ricostruire legami comunitari in società dominate da un individualismo radicale e dove la solitudine sta diventando una delle più rilevanti patologie sociali. Da un lato, nelle città e nelle metropoli si assiste a una crescente atomizzazione della vita quotidiana e delle relazioni sociali. Dall’altro, i territori interni e le periferie appaiono come luoghi da cui fuggire perché privi di opportunità di vita e di prospettive specialmente per i più giovani. È ben chiaro che la crisi pandemica ha eroso una delle risorse fondamentali delle reti associative, cooperative e di volontariato, ovvero la forza, la persistenza e la qualità delle relazioni interpersonali che sono il capitale invisibile di queste organizzazioni, la miniera nascosta che consente loro di durare e di resistere anche nei momenti più critici. Ebbene, nel tempo del Covid la relazione anziché risorsa e potenziale espansivo, è diventata pericolo, rischio da cui guardarsi. E tanto più la crisi è stata profonda tanto più può affermarsi la convinzione che sia meglio salvarsi prima e da soli. Vale per le persone, come per le nazioni. Vale nel tenersi ben stretto il proprio reddito garantito, come pure per l’irresponsabilità delle nazioni ricche nel non attuare un piano globale di accesso universale ai vaccini. È dentro questo contesto che il Terzo settore può essere foriero di innovazioni nei modi di lavorare, vivere, abitare e condividere culture nell’orizzonte della convivialità delle differenze. È forse il pericolo più grave, la sfida più rischiosa. Eppure, lì vi è un terreno generativo del domani. Lì si gioca la possibilità di far vivere la comunità non come orizzonte nostalgico e ristretto, ma risorsa per superare la crescente incertezza. Vale per le cooperative di comunità che nascono nei nostri borghi abbandonati; vale per l’avvio di nuove forme dell’abitare grazie all’housing sociale; vale per le esperienze di coworking; vale per la resilienza dimostrata dalle Pro Loco nel tempo della pandemia, assumendosi compiti di assistenza sociale e solidarietà elementare prima mai svolti; vale per le nuove imprese sociali che si assumono la sfida imprenditoriale di favorire la transizione ecologica degli immobili del Terzo settore per restituirli alla loro missione originaria; vale per le tante piccole realtà del Terzo settore che decidono, utilizzando le nuove norme della riforma, di unirsi rete associativa non solo per avere più forza e visibilità nella rappresentanza, ma anche per potersi concentrare sulla propria specifica missione; vale per i tradizionali enti di formazione professionale che decidono di ripensarsi per fare della formazione e del lavoro luoghi partecipativi e comunitari; vale infine per i Municipi che anziché limitarsi ad attuare esternalizzazioni di servizi sociali verso soggetti di mercato, decidono di mettere in campo processi più complessi e partecipati per realizzare servizi con enti del Terzo settore sempre più vicini alle persone, dando così un marchio comunitario ad attività di rilievo pubblico. I semi di una nuova stagione comunitaria ci sono, ma non è detto che i venti gelidi dell’individualismo li possano indebolire o far morire. 

Infine, una terza sfida sta di fronte ai soggetti del Terzo settore è forse la più insidiosa, perché più difficile da raccogliere. Sta nel fatto che le tecnologie digitali hanno cambiato la sfera pubblica, ovvero il luogo dell’azione e del confronto democratico. In un recente saggio, anche lo stesso Giuliano Amato, vicepresidente della Corte Costituzionale si è chiesto “Cosa è successo alla democrazia”? La domanda non è né retorica, né scontata. Perché oltre alla sclerotizzazione dei partiti il nostro tempo vede un dominio incontrastato della rete. Le piattaforme informative, della musica, dei film, dei video sono diventate la spina dorsale della sfera pubblica o meglio l’infrastruttura della stessa. Ma non possiamo essere ingenui. Queste piattaforme rispondono a interessi privati e dunque sono strutturate così da attirare l’attenzione degli utenti nel modo tendenzialmente più completo possibile. Rispondono ai bisogni di consumo, di emozioni, di relazioni, di divertimento, di informazione: insomma colonizzano tutta la sfera relazionale. Per di più nella sfera informazioni/ opinioni di carattere sociale e politico tendono a spingere i post che attirano maggiormente l’attenzione: quelli con contenuti conflittuali. Ne deriva una polarizzazione degli orientamenti sociali e politici, che alimenta una crescita del percepito a danno del reale. Cosicché diventa più importante indicare i colpevoli di una situazione di crisi, che cercare soluzioni. Al Terzo settore spettano due compiti nuovi: promuovere un’alfabetizzazione mediatica del cittadino, perché solo un uso consapevole di questi mezzi, può evitare la subordinazione, la passività e soprattutto la crescita del digital divide. Il dato ISTAT relativo all’anno scolastico 2020/21 è inequivocabile: la DAD ha tagliato fuori circa l’8% dei bambini e dei ragazzi, e tale percentuale diventa del 25% in caso di soggetti disabili. L’altro compito è di utilizzare la propria funzione di advocacy per tutelare i cittadini anche nei confronti delle grandi piattaforme obbligando le stesse ad adottare criteri socialmente rilevanti nella proposizione dei contenuti. Insomma, come si fa pagare chi inquina, così si deve tassare chi intossica la vita sociale, emozionale e relazionale. 

In conclusione, le tre sfide sinteticamente illustrate rappresentano un’opportunità formidabile per il Terzo settore per diventare una “struttura portante non di supplenza, ma di autonoma e specifica responsabilità” dell’intero Paese. 

in, Daniele Marini (a cura di), MutaMenti 2021 Friuli-Venezia Giulia e Veneto: ter(re)agenti, Ricerche Marsilio (2021)

 

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«Oltre»: il presente immolato a un futuro immaginario

Nomi e programmi: Zuckerberg rinomina Facebook «Meta» in una sorta di post millenarismo tecnologico dove la posta in gioco è la trasformazione dell’umano trascendendo la realtà

L’ultimo in ordine di tempo è stato Mark Zuckerberg che ha da poco annunciato il nuovo nome della sua società, che d’ora in poi si chiamerà evocativamente «Meta», parola greca che significa «oltre». Il logo è, immodestamente, il simbolo matematico dell’infinito.

leggi l’articolo di mauro Magatti sul Corriere della Sera del 16 novembre 2021

Luigi Bobba«Oltre»: il presente immolato a un futuro immaginario
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Le nuove sfide del Terzo Settore per generare una società migliore

Numerosi e qualificati cambiamenti attendono il mondo del welfare, ne parliamo con il presidente di Terzjius Luigi Bobba

Il Terzo Settore è un insieme di enti di carattere privato che agiscono in diversi ambiti, dall’assistenza alle persone con disabilità alla tutela dell’ambiente, dai servizi sanitari e socio assistenziali all’animazione culturale. Spesso gestiscono servizi di welfare istituzionale e sono presenti per la tutela del bene comune e la salvaguardia dei diritti negati. Il Terzo settore esiste da decenni ma è stato riconosciuto giuridicamente in Italia solo con la legge delega 106 del 2016, e con il contestuale avvio della riforma che lo interessa, ne definisce i confini e le regole di funzionamento. Allo stato attuale, la già menzionata riforma è in corso di ulteriore attuazione e, non pochi provvedimenti attuativi – a cominciare dall’avvio del Registro – comporteranno numerosi e qualificati cambiamenti. In Terris ha intervistato su questo tema Luigi Bobba già presidente nazionale delle Acli, parlamentare e sottosegretario al Lavoro. Ora presidente di Terzjus, di Enaip Mozambico e del Comitato Global Inclusion.

L’intervista su  Novembre 2021

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